giovedì 6 maggio 2010
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Caro direttore,nel 2009 sono stati scovati 7 mila evasori fiscali per un valore di 33,6 miliardi di euro. L’evasione può essere in parte giustificata tra i piccoli operatori, i quali peraltro rimettono subito in circolo il risparmio illecito alimentando l’economia sommersa, spesso provvidenziale. Ma i grandi evasori invece operano a livello finanziario, spesso non produttivo, rubando allo Stato e quindi al cittadino onesto che si fa carico dell’onere di mantenere le istituzioni spesso sprecone. L’articolo 53 della Costituzione riconosce la qualifica di "cittadino" al residente che contribuisce in misura rapportata al proprio reddito, considerandolo un obbligo indifferibile; ne consegue che chi "evade", oltre alle penalità (non eccessive) dovrebbe essere privato anche della qualifica di "cittadino", negandogli ad esempio il diritto di voto, in modo graduato in relazione all’entità dell’evasione, ma soprattutto il diritto di assumere incarichi pubblici e/o di rappresentanza, in specie negli organi costituzionali. Luigi Sturzo diceva: se non entrano nella coscienza nazionale i valori fondanti della Costituzione, verrà a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà. Sono consapevole che è un’utopia, ma come pretendiamo di richiamare i nostri figli e nipoti al rispetto delle leggi se poi hanno esempi di tale genere? Non m’attendo risposta, ma se i competenti e i galantuomini prendessero lo spunto per approfondire l’argomento, sarebbe cosa socialmente ed eticamente utile, riconducibile al «dare a Cesare quel che è di Cesare».

Gian Franco M, Padova

E perché mai non dovrebbe esserci risposta, gentile lettore? Posso dirle che condivido quasi completamente la sua riflessione e la sua indignazione. Aggiungo quel «quasi» perché non definirei «in parte giustificata» l’evasione dei «piccoli». Comprensibile, semmai. O persino fisiologica. E certo figlia di un sistema fiscale impietoso e a volte davvero oppressivo con chi vive – e produce reddito – alla luce del sole. Tuttavia non me la sento di definire «giustificata», seppure parzialmente, una presunta evasione fiscale «minore». Proprio per i motivi che lei richiama in chiusura della sua lettera, citando don Sturzo e pensando a figli e nipoti e al compito essenziale di educarli a un autentico e pieno senso della legalità. È chiaro che i grandi evasori (ed elusori) dei doveri fiscali sono i più colpevoli e, dunque, i più meritevoli di sanzioni forti e – come lei suggerisce – emblematiche, ma i doveri di cittadinanza sono chiari per tutti. E, infatti, secondo l’articolo 53 della Costituzione, «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Ogni fuga, grande o piccola che sia, da questa responsabilità comune accresce il peso sulle spalle (e sulle braccia) di chi, invece, a essa non si sottrae e dà il suo contributo alla cassa (e alla casa) comune. Non dobbiamo dimenticarlo mai, da cittadini e da cristiani. Una società giusta, o anche solo un fisco equo, si costruiscono solo con un impegno condiviso: quello di chi fa bene le leggi e di chi le leggi sa rispettarle. Non è utopia, caro Gian Franco, è l’affermazione del primato della regola sull’arbitrio, di un ben temperato ideale comunitario sull’egoismo individuale. E, poi, ognuno di noi in coscienza sa che «non evadere» è semplicemente un dovere morale.
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