venerdì 27 dicembre 2013
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Caro direttore,
sono un giovane universitario di 26 anni e la seguo – faccia due conti... – dal 2000. Complimenti per il nuovo «Avvenire», più pratico, più chiaro e con più spazio per lo sport. Proprio così, ho molto apprezzato la nuova pagina sportiva che privilegia tutte le discipline con i loro protagonisti – bella, per esempio, l’intervista ad Armin Zoeggler, portabandiera a Sochi 2014 – invece di rincorrere i risultati delle sole partite di calcio. Un’ultima cosa: le tasse sono giuste, ma non sono bellissime.
Giovanni Pessotto, Sacile (Pn)
 
Gentile direttore,
più di una volta ho sentito e letto, anche su «Avvenire», che la tassa sulla casa deve essere pagata, perché chi ha una casa usufruisce di servizi, insomma quasi una questione di giustizia. Le persone che affermano queste cose dimenticano che chi ha costruito una casa ha pagato salati oneri di urbanizzazione e/o tasse di concessione e preferiscono le distinzioni giuridiche tra tassa e imposta piuttosto che badare alle uscite del loro portafoglio. Diciamo, infine, che il balletto su Ici, Imu, Tarsu, Tares, Tari, Tasi, Iuc... fa pensare a qualche difficoltà a tenere il passo da parte di ministri e direttori generali dei Ministeri. Ma è proprio obbligatorio continuare ad avvalersi di queste "competenze"?
Valter Boero, Torino

 

La lingua batte dove il dente duole, e da qualche annetto in Italia la pressione fiscale soprattutto (ma non solo) sulle case si sta facendo sentire come mai prima. Ma andiamo per ordine. Comincio da lei, caro Giovanni. Faccio due conti, e concludo che ha cominciato a “controllare” Avvenire (e quello che io ci scrivo su) da quando aveva poco più di 12 anni... Complimenti! Per la bella attenzione e, anche, per la tenacia. Grazie, poi, per le sue rapide e incoraggianti notazioni sul nostro modo di raccontare lo straordinario e niente affatto unidimensionale mondo dello sport. Ma non si stupirà se le dico che trovo particolarmente stimolante la sua ultima battuta, quella sulle tasse che «sono giuste, ma non sono bellissime», che so riferita a un passaggio della mia risposta del 17 dicembre scorso al signor Ramadoro, tartassato padre di quattro ragazzi, che aveva inscenato il “licenziamento” dei suoi stessi figli per protestare contro le follie fiscali che penalizzano chi si sposa e, appunto, diventare padre e madre... Beh, caro amico, intendevo e intendo dire che le tasse in una democrazia sono «una cosa bellissima» perché servono la giustizia sociale, dunque lo sono in quanto sono pensate e sentite dalla gente non solo come utili, ma anche come frutto di una precisa intenzione “perequativa”. E poi, caro amico, mi chiedo: come potrebbe un cristiano nell’Italia di oggi non considerare «bellissime» tasse che abbiano il dichiarato obiettivo di procedere a una seria riduzione del debito pubblico e di accompagnare altrettanto serie azioni anti-sprechi? Qui entra in ballo il lucido e sconsolato ragionamento del professor Boero. Oggi, infatti, è proprio difficile far sentire alla nostra gente la giustezza e la bellezza dello sforzo da compiere per rimettere in carreggiata l’Italia. Ogni errore della macchina amministrativa e di governo pesa davvero tanto nel giudizio e, prima ancora, sulla vita quotidiana dei cittadini. Eppure io continuo ad avere fiducia. Credo che questo sia il tempo buono per “risalire” la china. E so che una rinnovata coscienza civica è premessa essenziale per questo sforzo comune. Ognuno, nessuno escluso, può e deve fare la propria parte. Anche pagando le tasse. E chiedendo conto, passo passo, a chi ci rappresenta e governa di come impiega le risorse di tutti. Sì cari, amici, tra molte difficoltà abbiamo da fare per noi stessi e i nostri figli qualcosa di civile, e di molto bello.

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