mercoledì 23 marzo 2016
La lunga e amata avventura di un giornale senza eguali
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Tutto cominciò perché ad Avvenire c’era qualcuno profondamente convinto che i bambini meritano un’attenzione e una voglia di comunicare speciali. Era il 1996. Nasceva Popotus. E in questo giornale c’era un direttore entusiasta e motivato che veniva da un’importante esperienza di educatore, Dino Boffo. C’era una redazione di professionisti capaci di ascoltare i piccoli e di rispettarne (nel linguaggio e, prima ancora, nell’accurata e mai reticente scelta delle notizie) la sensibilità e l’intelligenza. E c’era un editore per certi versi unico – la Cei, cioè la Chiesa italiana – che aveva accettato di sostenere l’ulteriore impresa, e che era del tutto persuaso della sua importanza. Perché i bambini sono il futuro e chi sa parlare loro, aiutandoli a crescere bene e a tenere altrettanto bene gli occhi aperti sulla realtà, si mette al servizio del futuro.Vent’anni dopo, in questo marzo 2016, è facile per tutti constatare che molto è cambiato nella realtà che è oggetto delle cronache dei giornali e anche nel lavoro informativo di Avvenire, ma restano intatti la dedizione umana e l’impegno culturale che hanno generato e fatto sviluppare Popotus sulla base dell’intuizione originaria e con tutta la necessaria creatività. E così questo “giornale nel giornale”, che rappresenta un unicum nel panorama editoriale italiano (e non solo), continua a essere molto usato, molto letto e molto amato e si conferma come uno dei cardini essenziali del “sistema informativo” che si è andato articolando attorno al quotidiano nazionale di ispirazione cattolica.È emozionante, per me e per i miei colleghi – a cominciare da Nicoletta Martinelli che ha raccolto da Rossana Sisti il testimone della “cura” di Popotus – accompagnare oggi in edicola questo “speciale” che si incastona tra le due abituali uscite (martedì e giovedì) del nostro inserto. Una memorabile occasione “celebrativa” che coincide con la Settimana Santa e che è segnata da eventi che scuotono la nostra coscienza, interpellano con asprezza la nostra speranza e mettono ancora una volta alla prova la nostra professionalità. Ed è altrettanto emozionante che con noi accompagnino questo “compleanno” tanti lettori di ieri e di oggi, cioè gli altri grandi protagonisti di un’avventura editoriale che si può ben definire senza eguali. Le loro lettere, che abbiamo sollecitato e che ci hanno travolto (domani daremo straordinario sfogo nelle pagine delle “Idee” a un altro po’ di questa bella pioggia...), ne sono la testimonianza. Non finiremo mai di ringraziarli. Anche perché le loro parole aiutano a capire come mai Popotus abbia via via conosciuto (con gioia e curiosità e, sempre, senza gelosia) alcuni compagni di strada, ma sia rimasto inimitato e, a tutt’oggi, inimitabile.Insisto sull’unicità del ventenne Popotus, soprattutto per il sereno e libero senso del dovere che accomuna chi lo realizza. In un mondo che si sta ammalando di informazione superficiale e frettolosa, da vent’anni stiamo aiutando a crescere un popolo di lettori che vogliamo continuino a essere anche nostri, ma che speriamo non siano solo nostri. Lavoriamo, insomma, per un bene comune. O almeno ci proviamo. Consapevoli di quanto sia importante che ci si innamori sin da bambini della lettura del giornale e ci si renda conto che un’informazione semplicemente accurata fa bene alle persone e alle comunità e fa germinare vita buona, buone idee e buone azioni.È la sfida  – “generativa”, direbbe qualche nostro amico – che accetta chi decide di fare come si deve il mestiere di cronista. Scrivere per Avvenire ci spinge tutti i giorni a ricordarlo. Continuare a pensare e a costruire Popotus, ci impedisce di dimenticarlo. Felicemente, potete crederci.
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