giovedì 27 febbraio 2014
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Gentile direttore,
la sceneggiata sui marò non finisce mai. E pare proprio che quei poveri pescatori indiani si siano suicidati da soli. Renzi riceve le mogli dei due nostri militari, ma forse si scorderà di ricevere anche quelle dei due poveri pescatori.
Michel Giuntini
 
Caro direttore,
il 3 febbraio 1998 un aereo statunitense che volava ben al di sotto dell’altezza minima di volo prescritta dalle regole dell’aria, tranciò il cavo della funivia del Cermis causando la morte di venti persone. I due piloti, del Corpo dei Marines, non vennero mai perseguiti dalla Giustizia italiana. Sarei stato curioso di osservare cosa sarebbe accaduto se, al posto dei nostri marò che rappresentano l’Italietta, si fossero trovati due marines americani.
Guido Guasconi
 
Noi di "Avvenire", gentile signor Giuntini, sin dall’inizio di questa storia stiamo chiedendo giustizia, e solo giustizia. Giustizia per le povere vittime, le cui famiglie – parte della minoranza cristiana – sono state tra molte difficoltà indennizzate dall’Italia e cinicamente strumentalizzate da troppi soggetti politici di quel grande Paese che è l’India. Giustizia per gli accusati, che protestano con tenacia e grande dignità la propria innocenza e hanno diritto, in una sede propria, a un rigoroso e affidabile processo. Ma più passa il tempo, più temo che in questa storia – resa tristemente opaca da troppe manipolazioni delle leggi, delle prove e delle notizie – di giustizia ne troveremo molto poca. Comunque vada a finire. Quanto a Matteo Renzi, penso che, come ogni persona responsabile e civile, incontrerebbe volentieri tutti coloro che stanno soffrendo per questa vicenda. Soprattutto, però, ritengo che Renzi farà ciò che deve se, da capo del governo italiano, riuscirà a riportare in patria i due marò e a ripristinare i princìpi cardine del diritto che sono stati violati in molti modi da controparti indiane che sono arrivate all’assurdo, per poter rivendicare la propria competenza per un fatto avvenuto in acque internazionali, di ipotizzare il processo "per pirateria" a carico di due militari impegnati in un’operazione internazionale "contro la pirateria". In coerenza con quanto ho appena ricordato – e rivolgendomi a lei, caro maresciallo Guasconi – aggiungo che se l’Italia si fosse comportata o ancora dovesse comportarsi riguardo alle vittime indiane e alle loro famiglie così come si sono comportati gli Stati Uniti nel caso della tragedia del Cermis con noi italiani, cioè negando giustizia, mi vergognerei di essere cittadino di questo Paese. Ma non mi sembra un’ipotesi reale e non voglio neanche pensare a questa eventualità.
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