Suprematismo malapianta
martedì 17 maggio 2022

E così il suprematismo bianco ha colpito ancora. Questa volta con il volto improbabile di un giovanissimo, Payton Gendron, il diciottenne che ha percorso 300 km in auto per andare a seminare morti e feriti in un sobborgo a maggioranza afroamericana di Buffalo, Stato di New York. Al di là delle circostanze – la facilità nel procurarsi armi d’assalto, gli strascichi dell’isolamento da Covid, il profilo psicologico –, c’è un filo rosso che collega la strage con altri delitti analoghi compiuti in Paesi di cultura occidentale negli ultimi anni, non solo negli Usa.

Lo stesso attentatore ne ha evocati alcuni, collegandosi idealmente con le gesta nefande di chi l’ha preceduto: come la strage nelle due moschee di Christchurch, Nuova Zelanda, nel 2019; o quella nella sinagoga di Pittsburgh, nel 2018; e prima ancora quella di Oslo e Utoya, Norvegia, nel 2011. Anche l’italiano Luca Traini, che sparò a Macerata, rientra in questa galleria degli orrori, ricordandoci che il nostro Paese non è immune dal contagio.

E ci sono alcuni tratti ricorrenti in molti di questi attentati. Anzitutto, l’attentatore era noto alla polizia, segnalato per le sue posizioni estremiste, ma le misure di contrasto non sono intervenute o non hanno funzionato. Così, dopo le stragi, si scopre che il suprematismo bianco era stato trattato con leggerezza dagli apparati di sicurezza, come una minaccia minore, a differenza del radicalismo islamista. Forse incide il fatto che colpisca in genere minoranze, e non maggioranze, influenzando la reattività dell’opinione pubblica.

In secondo luogo, l’apparente isolamento. Spesso si parla di 'lupi solitari', come spesso è avvenuto nello speculare stragismo islamista. Ma in questo come in quel caso, anche quando non si riescono a identificare sodali

o favoreggiatori, è improbabile che nessuno fosse al corrente delle idee, delle intenzioni, dei preparativi del terrorista. Eppure, nessuno si è preoccupato di segnalare e prevenire.

Nel caso del suprematismo, in realtà, attivissime reti ideologiche collegano gli adepti nello spazio virtuale di internet, fornendo munizioni intellettuali, giustificazioni morali, risorse simboliche, e a volte qualcosa di più.

Terzo, l’evocazione della malattia psichica, per cercare di costruire una spiegazione rassicurante per le società che generano mostri del genere.

Comprendere la psiche umana con le sue pulsioni rimane in gran parte un mistero, ma nei più noti casi precedenti non è stata diagnosticata una malattia mentale. E anche stavolta c’è un atto premeditato con lucida determinazione, accompagnato da un documento di oltre cento pagine e persino filmato durante la sua esecuzione. Dobbiamo misurarci con il duro fatto dell’apparente normalità, almeno sul piano medico, della violenza razzista.

Ultima, ma non per importanza, la motivazione ideologica. I suprematisti armati inalberano la teoria della sostituzione etnica della razza bianca con altre: africane, arabe, latinoamericane o con una fede diversa (musulmana) in ogni caso non occidentali.

Una teoria che ha trovato un seguito diffuso nel complottismo degli ultimi anni, che è stata abbracciata da Donald Trump e da noti commentatori di Fox News, ma che non è recente, né nata sui social networks, né sviluppata in qualche periferia del disagio sociale. Un suo noto esponente è l’intellettuale e accademico di Francia Renaud Camus, condannato per odio razziale. Ma si può ricordare anche la fortuna riscossa in Italia dalla teoria del 'piano Kalergi', inventata dal negazionista austriaco Gerd Honsik, che sosteneva l’esistenza di una cospirazione di non meglio precisate élite per sostituire la popolazione europea con genti africane, arabe e asiatiche. Un’idea riecheggiata da esponenti di spicco delle forze nazional-populiste, con giornalisti e intellettuali al seguito. Urge dunque un soprassalto delle coscienze, insieme alle necessarie misure istituzionali.

Manca ancora nel nostro Paese una forte autorità indipendente, dotata di poteri e mezzi adeguati per contrastare razzismo e discriminazione etnica. Non si raccolgono neppure i dati in modo tempestivo e accurato. Ha fatto progressi la lotta contro l’odio in rete, ma ancora non abbastanza. Gli odiatori da tastiera dovrebbero essere individuati e puniti con rapidità e determinazione. L’educazione civica nelle scuole deve assolvere a svariati compiti, compresi quelli che le famiglie non svolgono, ma a questo argomento dovrebbe attribuire tempo ed energie, considerando anche la presenza di oltre 870mila alunni stranieri nelle aule, senza contare i naturalizzati.

La Chiesa cattolica, e le altre confessioni (cristiane e no), hanno indubbiamente aumentato il loro impegno, culturale e concreto, nella lotta al razzismo, sospinte dall’incessante magistero di papa Francesco. Di fronte a episodi come questo, e ad attentatori che, magari, proclamano di voler difendere il cristianesimo, non possiamo però rinunciare a domandarci se stiamo facendo abbastanza per distinguere ilgrano dalla malapianta del suprematismo.

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