venerdì 3 dicembre 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore,sono il papà di Alessandro PIvetta, un ragazzo che il 15 agosto 2005 è stato vittima di un incidente stradale e purtroppo ha incontrato il coma e successivamente lo stato neurovegetativo di minima coscienza. Con mia moglie Loredana, dopo un periodo di circa dieci mesi alla "Casa dei Risvegli Luca De Nigris" di Bologna, abbiamo deciso di portare Ale a casa con noi, dove tuttora vive. Le scrivo per esprimere il nostro sconcerto davanti a quanto viene scritto e detto in questi giorni da alcuni giornali, radio e televisioni sul tema del «fine vita». Sono stato contattato da Radio Popolare il 24 novembre, con la richiesta di partecipare a un confronto con il dottor Amato De Monte (primario del reparto di rianimazione dell’ospedale di Udine) e poi di rispondere alle domande degli ascoltatori del programma; ho dato con molto piacere la mia disponibilità. Durante il collegamento, però, nessun confronto con il dottor De Monte (con lui un collegamento successivo) e intervista velocissima. Io ho portato due esempi. Il primo è stato quello della dottoressa Silvie Menard, oncologa di fama mondiale, che è stata a favore dell’eutanasia fin quando un tumore non le ha fatto cambiare radicalmente idea («L’eutanasia è la tentazione dei sani», spiega ora). Il secondo riguarda mia sorella, morta il 1° maggio 2008: si tolse la vita ingerendo dell’acido, eppure poco dopo mi telefonò implorandomi di chiamare il 118 perché non voleva più morire… Eppure appena alcuni istanti prima, quando aveva "deciso", era lucida e consapevole: le idee cambiano quando ci si vede sfuggire quella meraviglia che è la vita. Dopo il mio intervento ho potuto solo ascoltare, in quella stessa trasmissione radiofonica il dottor De Monte. E l’ho sentito dichiarare che «lo stato vegetativo non è uguale allo stato di minima coscienza, perché se chi cade nel primo non può tornare tra noi, chi è in minima coscienza invece potrebbe farlo». Una grave imprecisione scientifica, poiché non esiste alcun metodo per definire con certezza che uno stato neurovegetativo o di minima coscienza non possano avere un’evoluzione positiva: come dimostrano moltissimi casi, a cominciare da quello per esempio di Max Tresoldi, milanese oggi quarantenne,“risvegliatosi” dopo dieci anni di stato vegetativo.

Giancarlo Pivetta, Pordenone

La sua lettera è preziosa, caro signor Pivetta, per tanti motivi. Prima di tutto perché lei riesce a dire una cosa importantissima degli stati vegetativi e di minima coscienza e lo fa in poche righe, con sintesi chiara ed efficace. Ma anche perché ci ricorda che i pazienti e le loro famiglie, non sono persone da indottrinare con l’arruffato e sentenzioso sussiego al quale certi medici e non pochi giornalisti sono inclini. Sono interlocutori, quelle persone, delle quali bisogna sapersi prendere cura e per le quali bisogna avere rispetto. Sempre. E questo atteggiamento è utile anche con tanti altri di noi (tutti quelli, per dirla con Giorgio Gaber, «che fanno finta di essere sani») che, poi, sono anche gli ascoltatori della radio, gli spettatori della televisione e i lettori dei giornali. Mi ostino a trovare singolare e strano, gentile amico, che in questo nostro tempo siano persone normali istruite da esperienze travolgenti e dure o da esse toccate fino alla compassione e all’indignazione, a dover ricordare a taluni medici, ad alcuni giornalisti e a certi conduttori televisivi che non si può mai deformare la realtà a proprio piacimento, che questo magari fa spettacolo (e strame) della realtà e suscita applausi, ma è anti-scientifico e anti-professionale e – pensate un po’ – anche niente affatto umano. Un’ultima nota: trovo amaro e deludente che qualche collega sia così miope da polemizzare più con i propri lettori e con i malati che con i protagonisti delle operazioni propagandistiche che i lettori-spettatori più avveduti hanno rifiutato e che i malati da subito hanno considerato, a ragione, offensive. Grazie, caro signor Giancarlo, e ad Ale, a sua moglie Loredana e a lei un saluto davvero affettuoso.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI