mercoledì 10 agosto 2011
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Gentile direttore,ho letto la lettera della signora Maria Teresa Ferrari (Avvenire del 2 agosto) e mi trovo pienamente d’accordo con la reazione alle notizie che ci giungono dal Corno d’Africa. Realmente viene da chiederci come mai la gente non sia totalmente sconvolta dalla situazione; perché non si levi un coro unanime contro tutti gli sprechi, i privilegi delle “caste” (di ogni tipo!), gli acquisti superflui, la corsa ai saldi, ecc... Forse se la gente avesse avuto l’occasione di tenere una sola volta tra le braccia uno di quei bambini denutriti che appaiono fuggevolmente nei servizi televisivi... Io l’ho provato, quando mi trovavo in Kenya presso l’ospedale di Wamba e ho avuto lo strazio di assistere agli ultimi giorni di una bimba malata di Aids, lo stesso sguardo, gli stessi grandi occhi, le membra scheletrite... sono cose che non si possono dimenticare; che ti fanno riflettere per sempre sul valore della vita, e tutto ti appare sotto una diversa prospettiva. Mettiamo l’immagine di uno di questi bambini all’ingresso dei supermercati, nei fast food, nelle pizzerie, nei ristoranti... Dobbiamo scuotere l’animo delle persone, farle riflettere, suscitare forti emozioni, senza timore di essere sgraditi, di risultare retorici o invadenti. Viviamo in un mondo di illusioni dove gran parte della gente vive al di sopra delle proprie possibilità, per non sfigurare, per non essere da meno degli altri. Iniziamo col far capire ai nostri giovani che non è necessario avere l’ultimo modello di cellulare, non accontentiamoli se chiedono i jeans o le scarpe alla moda e poi magari si lamentano del prezzo dei libri di testo! Devo ringraziare lei e i giornalisti di Avvenire che, unico tra i quotidiani, da settimane dedica ampio spazio alle notizie che ci provengono dalla Somalia e dintorni. Ancor prima che la stampa ne desse notizia mi giungevano informazioni dal Kenya da alcuni missionari della Consolata che già denunciavano questa imminente catastrofe, parlavano della massiccia emigrazione in atto ai confini kenyoti e anche della siccità che ancora una volta ha colpito le popolazioni delle tribù più povere del paese come i Pokot, Turkana e Samburu, impegnati in lotte tribali per rubarsi il bestiame. È vero, parlo di un mondo apparentemente lontano dal nostro, ma che cosa può essere ancora ritenuto lontano o estraneo in questo mondo della “globalizzazione” o questa è solo un’espressione usata quando fa comodo a qualcuno? È vero, il Papa ha lanciato ripetutamente forti richiami, le organizzazioni internazionali e le Ong si stanno muovendo, ma purtroppo, parlando con la gente, non ho avuto l’impressione che la catastrofe abbia scosso veramente il cuore delle persone, abbia suscitato una profonda commozione, una reazione unanime. Sarà forse il clima delle vacanze, o il susseguirsi di catastrofi e di sventure ha un po’ inaridito gli animi? Ringrazio lei e Avvenire che sicuramente continuerà a sollecitare, a risvegliare le coscienze, a suggerire iniziative. Un cordialissimo saluto.

Giulia Cagelli, Castellanza (Va)

Mi auguro che anche la sua lettera sia letta da tanti, cara amica. Altri giornali e giornalisti stanno finalmente aprendo, anche con convinzione e sacrosanta partecipazione, occhi e pagine davanti all’immane tragedia del Corno d’Africa. E noi, che continueremo a fare la nostra parte, ne siamo semplicemente contenti. C’è un mondo intero da svegliare, far riflettere e indurre ad agire. Più siamo, migliori saremo e migliore sarà la nostra risposta allo scandalo della fame e dell’ingiustizia. Un saluto grato e affettuoso.
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