La solidarietà cardine costituzionale per l’emergenza
sabato 14 marzo 2020

Nell’ordinamento italiano anche le situazioni eccezionali chiedono di essere conosciute, affrontate e sperabilmente risolte secondo i princìpi e le regole costituzionali: lo stato di necessità non è negato dalla Costituzione italiana, ma ricondotto dentro il suo sistema di valori e di princìpi ( necessitas habet constitutionem!). Basti pensare che, anche nella situazione considerata più estrema, lo stato di guerra, l’art. 78 della Costituzione prevede che le Camere conferiscano al Governo non i «pieni poteri», ma i «poteri necessari», dunque secondo un criterio di proporzionalità e adeguatezza alle specifiche situazioni che non nega l’emergenza, ma la riconduce nell’alveo costituzionale.

D’altra parte, la nostra Costituzione, più ancora di altre consimili, è pervasa dalla convinzione che anche situazioni considerate derogatorie, rispetto alla organizzazione statale generale e alle regole ordinarie devono fare i conti con i princìpi costituzionali: si pensi a quel singolare art. 52, comma 3 (proposto da Aldo Moro) secondo il quale l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. La condivisione di questa premessa è dirimente rispetto a qualunque discorso volto a rispondere alle domande su come una democrazia matura possa e debba affrontare le emergenze e sulla capacità delle forme di Stato come la nostra di farlo in modo efficace ed efficiente.

Proprio nella capacità di affrontare gli “stati di eccezione” senza derogare ai propri princìpi di fondo sembra anzi consistere la principale differenza tra la nostra e altre forme di Stato: ecco perché ogni sguardo ammiccante o addirittura benevolo verso sistemi agli antipodi rispetto al nostro (il riferimento è naturalmente alla situazione cinese) è assolutamente fuori luogo. Si aggiunga che è tutto da dimostrare che un regime autoritario sia meglio attrezzato per fare fronte ad emergenze come quella di Covid–19: non soltanto perché è più facile individuare un rischio in una società aperta e democratica, ma anche perché le regole, soprattutto quelle più costrittive, funzionano davvero quando sono interiorizzate, ed è più facile che lo siano in un contesto di democrazia costituzionale, purché sia percepito come autorevole da noi cittadini.

Ora, le misure sin qui adottate dal potere pubblico italiano per evitare la diffusione del virus mi sembra rispettino il quadro sopra sintetizzato. Ciò vale anzitutto per la dichiarazione dello stato di emergenza per sei mesi ai sensi del codice della Protezione civile, i cui presupposti affondano nell’obiettiva situazione di diffusa crisi internazionale e nel contesto di rischio, e che costituisce il presupposto per il potere straordinario di ordinanza in capo al Presidente del Consiglio dei ministri per tramite del Capo della Protezione civile: si tratta di un potere sottoposto alle forme e ai limiti di cui al menzionato codice, e in particolare al necessario rispetto, da parte di tali ordinanze, degli obblighi europei e dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico e, ove esse deroghino a leggi vigenti, devono indicarle e darne sufficiente motivazione.

Quanto poi alla circostanza che, in materia sanitaria, si faccia ricorso al complesso normativo della Protezione civile, ciò, oltre a essere giustificato costituzionalmente dalla circostanza che la tutela della salute implica protezione rispetto a qualunque rischio che ne metta in pericolo la dimensione individuale e collettiva, corrisponde al dettato dello stesso Codice della Protezione civile, che include il rischio igienico–sanitario tra quelli cui applicare l’azione di protezione civile. E d’altra parte non si comprenderebbe perché le emergenze sanitarie debbano seguire strade diverse dalle altre, nel momento in cui le garanzie che circondano i poteri del governo nell’ambito del sistema di protezione civile sono superiori a quelle delle sole ordinanze extra ordinem di cui all’art. 32 l. 833/1978 e a altre norme consimili.

Quanto poi ai problemi posti dalla circostanza che il decreto–legge n. 6/2020 abbia autorizzato limitazioni penetranti ai diritti fondamentali (circolazione, riunione, ecc.), le riserve di legge costituzionali (da dottrina e giurisprudenza costituzionale considerate sempre “relative”) appaiono rispettate nella misura in cui tale decreto e i successivi individuano in modo preciso (compatibilmente con l’evoluzione veloce della situazione epidemiologica) la tipologia delle misure adottabili e fissano nei princìpi di temporaneità, proporzionalità e adeguatezza delle medesime rispetto a tale evoluzione della situazione il limite invalicabile. A questo si aggiunga che i provvedimenti sin qui adottati si sono sforzati di adeguarsi sia al quadro costituzionale dei rapporti tra Stato, Regioni ed Enti locali, sia al principio di collegialità dell’azione di governo.

Sotto il primo profilo, va considerata comunque positiva l’attenzione prestata al coinvolgimento dei presidenti delle Regioni, in una materia, come quella sanitaria, che non soltanto le vede protagoniste, ma che si basa su un catalogo delle prestazioni (i cosiddetti Lea) definito d’intesa tra Stato e Regioni. Sotto il secondo profilo, l’art. 95 della Costituzione vede in questi giorni una puntuale attuazione, che dà all’opinione pubblica il senso della sostanza e della forma della collegialità governativa, nonché dei poteri di promozione e di coordinamento dell’attività dei ministri in capo al Presidente del Consiglio. Parimenti, il Parlamento non è rimasto escluso (informative, voto sullo scostamento di bilancio, conversione dei decreti legge): resta aperto il problema di una definizione, con legge costituzionale, della disciplina per le situazioni di impossibilità di funzionamento delle Assemblee parlamentari.

Si tratta di un profilo assai delicato, peraltro non ignoto a Costituzioni a noi consimili, che sarebbe opportuno iniziare ad affrontare, anche nella prospettiva di futuri contesti epidemiologici di crisi. Resta aperto tutto il tema dei rapporti tra scelte dei singoli ordinamenti nazionali e scelte a livello europeo: una esplicita presa in carico da parte dell’Unione Europea di tali profili costituisce il necessario complemento di quella attenzione che il Capo dello Stato ha in questi giorni fortemente richiesto. Infine, ogni discorso sulla compatibilità delle misure adottate e adottande per il contenimento del virus non può non tenere conto di quell’equilibrio tra diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà scolpito nell’art. 2: una sfida per le nostre comunità territoriali e per ciascuno di noi.

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