giovedì 16 luglio 2015
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 Le notizie sono sempre più social. Secondo uno studio del Pew Research Center, appena pubblicato, ben il 63% degli utenti di Twitter e Facebook usa i social network come fonte d’informazione. Un dato che non riguarda solo i giornali e i giornalisti professionisti, ma tutti noi. Con l’avvento dei social newtork, infatti, siamo tutti in qualche misura diventati 'giornalisti'. Scegliamo le notizie e le diffondiamo ai nostri amici. E facendolo le 'certifichiamo'. Ci mettiamo la faccia, rendendole più 'vere'. I nostri amici si fidano di noi. E così nessuno sembra fare molto più caso a quale sia la fonte della notizia. Come se il New York Times e la Bbc fossero uguali al sito (titolo inventato) tuttalaverita.it. In fondo è la versione digitale del vecchio fenomeno del passa parola. Solo che un tempo chi le sparava grosse veniva bollato come fanfarone mentre ora guadagna pubblico e perfino credibilità. Un titolo urlato e una foto furba sul web sembrano venire premiati più della serietà. Una pratica che in gergo si chiama click-bating (acchiappa-click). Penserete: ma che male può fare una notizia pettegola o una mezza verità? Chiedetelo a chi ha scoperto di avere un tumore e vede l’amico condividere come verità assoluta la notizia che «esiste un’erba che cura il cancro in 24 ore ma la tengono segreta per proteggere le case farmaceutiche». Chiedetelo a chi ha un figlio o un conoscente con problemi di autismo e si vede apparire su Facebook la notizia condivisa da un’amica che «è stato scoperto un farmaco che cura questa malattia». Chiedetelo ai medici che ogni giorno affrontano le proteste dei parenti degli ammalati quando dicono loro che quella cura o quel farmaco miracoloso saranno disponibili solo fra un decennio o addirittura non esistono. Quasi sicuramente i nostri amici di Facebook hanno condiviso e condividono notizie come quelle sopraccitate pensando di esserci di aiuto. Per dare voce a verità che altrimenti non troverebbero la «giusta» diffusione. Ma nella pratica contribuiscono a fare danni enormi. Perché senza la complicità delle persone certi siti e certe notizie-bufala non avrebbero alcuna possibilità di successo. Il che rende il ruolo degli utenti sempre più importante e delicato. Per non alimentare pericolose bugie, per fortuna, basta poco. Se vediamo su Facebook una notizia che tocca temi delicati, prima di condividerla andiamo su Google e verifichiamone per quanto possibile l’autenticità incrociando più fonti o, meglio ancora, affidiamoci (consultandolo o chiedendo conferma) al giornale di cui ci fidiamo. Un gesto che non eliminerà al 100% le bugie dalla Rete e dalle giornate di tutti noi, ma contribuirà sicuramente ad abbassarne il tasso di inquinamento.
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