martedì 11 dicembre 2012
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«Non lasciateci soli». È l’appello dei sindaci minacciati dalle mafie. Sono tanti, come dimostra il rapporto di 'Avviso Pubblico' di cui Avvenire ha par­lato alla fine della scorsa settimana: 270 in­timidazioni nel 2011, il 30% in più del 2010. E dietro a questi numeri ce ne sono altri ancora: persone e famiglie, contro le quali si scatena la violenza criminale. Dav­vero tanti, purtroppo. E davvero tanti, per fortuna. Sì, per fortuna. Perché quei sin­daci 'sotto tiro' sono un’altra coraggiosa e incoraggiante dimostrazione che un buona politica è possibile, che è possibi­le impegnarsi e essere incisivi nel servizio per realizzare il bene comune.
Buona po­litica, appunto. «La più alta forma di ca­rità », la definì Paolo VI. E la carità, l’amo­re per i propri cittadini, porta anche a scel­te di sacrificio. Questi sindaci sono i colleghi di Angelo Vassallo, il 'sindaco pescatore' di Pollica, ucciso il 5 settembre 2012. Morto di buo­na amministrazione, scrivemmo allora. Sono gli eredi di Pio La Torre e di Piersan­ti Mattarella, di Marcello Torre e di Rena­ta Fonte, politici e sindaci che stavano la­vorando, e bene, per le proprie terre. E per questo hanno dato la vita. Non sindaci an­timafia, ma sindaci e basta. Come don Pi­no Puglisi e don Peppe Diana non erano preti antimafia, ma preti e basta. E come tali sono stati uccisi da cosa nostra e dal­la camorra. Esempi, mai preziosi come oggi. Risposta forte a corruzione e ad an­tipolitica. Perché la corruzione c’è sempre, eccome se c’è. Così come c’è la collusione con le mafie. Al Sud come al Nord. Lo dimostra­no i 25 Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa in quest’anno, numero record, il secondo in assoluto dopo i 31 del 1993, anno delle stragi mafiose.
Ma ci sono an­che i sindaci 'sotto tiro'. Gente seria, che rivendica coi fatti e non solo con le paro­le che «non tutti i politici sono uguali». Sindaci dei quali bisogna proprio sapere di più, anche dai giornali. Perché hanno ragione. Se c’è chi paga i mafiosi per es­sere eletto e chi intasca le tangenti, chi butta i soldi pubblici in aragoste e cham­pagne e chi affida gli appalti agli 'amici', c’è anche chi ogni giorno fa invece buo­na amministrazione. Anche a costo di su­bire spari, bombe, incendi, aggressioni, lettere e sms minatori. Ma tengono duro, presidiando il difficile fronte della legalità e della 'bella politi­ca'. Spesso in silenzio, quasi sempre lon­tano dalle luci della ribalta.
Sì davvero, non lasciamoli soli. Non chiedono sol­tanto solidarietà. Certo, ne hanno biso­gno, anche perché chi è solo nei territori infestati dai mafiosi è ancora più a rischio. Non lasciarli soli vuol dire, anche e so­prattutto, dar loro gli strumenti per con­tinuare a fare buona politica pur in un tempo di tagli e di vincoli che rendono tutto maledettamente difficile. Chi fa del­la cattiva amministrazione, evidente­mente, di questo non si cura: l’importan­te è far fruttare il poco che c’è per sé e per chi lo 'protegge' e persino lo 'manda'.
Chi, invece, e sono i 'nostri' sindaci, fa buona amministrazione, è giustamente molto preoccupato. C’è da dare ancora ri­sposte positive, e non delusioni, ai propri cittadini. Bisogna non farli ricadere nella (non) cultura dei favori. Già, perché per le mafie e gli intrallazza­tori la crisi non conta. Se si lasciano da so­li questi sindaci, cresce il rischio che ven­ga vanificata una stagione che, per fortu­na, in tanti Comuni ha riportato al centro la cultura dei diritti e dei doveri. Dell’at­tenzione e dell’efficienza. Del servizio e dell’accoglienza. Della pulizia e della tra­sparenza. Della giustizia e della demo­crazia. E sì, anche della democrazia che per troppo tempo, sotto il giogo delle ma­fie e dei poteri collusi, è stata messa in for­se in tante aree del nostro Paese. Ma poi, come sperava Paolo Borsellino, si è co­minciato a «sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puz­zo del compromesso morale».
Davvero, non lasciamoli soli questi nostri sindaci. Non ne guadagneranno solo i lo­ro cittadini, ma l’intero Paese.
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