sabato 7 ottobre 2023
Né un derby tra conservatori e progressisti, né un'assemblea di tipo parlamentare in cui risolvere le questioni più dibattute a colpi di maggioranza. Nell'Aula del Sinodo c'è la Chiesa, cioè noi
L'Aula Paolo VI durante i lavori sinodali

L'Aula Paolo VI durante i lavori sinodali - Agenzia Romano Siciliani

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Poveri, famiglia, giovani, Chiesa, digitale, amore, migranti...: è già ampio l’elenco dei temi che, nel resoconto offerto ai giornalisti dal prefetto del Dicastero vaticano per la Comunicazione Paolo Ruffini, i sinodali hanno affrontato nei primi giorni di lavori. Ma è noto che ben più esteso è il catalogo delle questioni – anche scottanti e divisive – che da ogni parte del mondo si sono riversate nella documentazione preparatoria dell’evento avviato il 4 ottobre. Proprio l’agenda del Sinodo, che ha occupato molta parte dell’attenzione mediatica nella lunga fase preparatoria, sembra esaurire i motivi di interesse per l’avvenimento, come se altro non ci fosse da attendersi da un mese di confronti che una lista di tesi approvate o respinte, con la vittoria sui singoli punti del fronte “riformista” o di quello “conservatore”. Ma il cuore del Sinodo – e di questo in particolare, che proprio del metodo sinodale si occupa, e dunque della natura della Chiesa assai più e prima che di decisioni da assumere – non è una lista di dossier che vanno esaminati uno per uno per “risolverli” una buona volta, dopo che tanto se n’è parlato in giro per il mondo. Ben poca cosa sarebbe la Chiesa se fosse ridotta a stadio dove si gioca un derby, o ad assemblea di partito che detta la linea politica al segretario. Ma allora, cos’è il Sinodo? Il Papa l’ha spiegato ai partecipanti aprendo i lavori mercoledì: «È una pausa di tutta la Chiesa, in ascolto». In ascolto reciproco, certo, ma per affinare l’attenzione cercando di sentire la voce dello Spirito Santo, vero autore di «quell’armonia che non è sintesi, è un legame di comunione fra parti dissimili».
Un evento di Chiesa, in altre parole, ha una sostanza, un percorso e un approdo che nascono dalla fede e non sono il riflesso di preferenze pur fondate su questo o quell’argomento: «Il Sinodo – sono ancora le parole di Francesco – non è una riunione di amici per risolvere alcune cose del momento o dare le opinioni» ma «un cammino che fa lo Spirito Santo»: «Se in mezzo a noi ci sono altri modi di andare avanti per interessi sia umani, personali, ideologici – ha scandito, per essere anche più chiaro – non sarà un Sinodo, sarà una riunione più parlamentare, che è un’altra cosa».
Cosa sia e a cosa serva quel che si svolge in Vaticano lo ricorda lo stesso metodo dell’assemblea, che dal ritiro dell’immediata vigilia alle pause di riflessione durante i lavori sta mettendo al centro il silenzio più che la parola, il discernimento prima della presa di posizione, la preghiera come fondamento di ogni passo. Un messaggio che dall’Aula Paolo VI arriva a noi, osservatori partecipi ma prima ancora figli di una Chiesa che s’è messa per strada, rischiando il viaggio e rinunciando ad accontentarsi di “tirare avanti”. Per seguire il Sinodo sintonizzati su ciò che è davvero, e non su quel che dicono debba essere, occorre allora assumere lo stesso atteggiamento che Francesco chiede ai sinodali, come fossimo anche noi convocati in questi giorni a Roma (e in realtà lo siamo, se davvero sentiamo di appartenere al «santo popolo fedele di Dio», come si legge nella Evangelii gaudium). A farci sentire coinvolti non è anzitutto questo o quel tema che emergeranno dai lavori ma la sostanza stessa della Chiesa che è dentro l’Aula Paolo VI come nella nostra parrocchia, nei circoli dove si svolge il confronto ma allo stesso tempo nella nostra famiglia, nel gruppo o nel movimento dove condividiamo l’esperienza di fede. A emergere da questo cammino di tutti sarà un modo di essere cattolici nel mondo che abitiamo, contorto e incerto com’è, sfidante per una fede che non può asserragliarsi orgogliosamente in quel che si pensa debba bastare né consegnarsi per ignavia al volubile vento dei tempi. Ciò in cui crediamo, dov’è fondata la nostra speranza, quant’è consistente la nostra stessa fede e com’è capace di tradursi in opere e cultura dentro il secolo delle nuove questioni umane e globali, e ancor prima quanto siamo radicati nella Chiesa e impegnati a stare con il Papa che la guida: tutto questo è il vero grande “tema” delle giornate sinodali, rispetto al quale le scelte che andranno profilandosi col succedersi delle sessioni assumono la fisionomia di conseguenze, il risultato di un discernimento nato nel silenzio, nell’ascolto e nella preghiera e non l’obiettivo di tutto. A noi l’impegno di farci accanto ai sinodali portando nella preghiera la Chiesa, tutta: dal Papa all’aula vaticana, alla nostra vita.

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