Serve e proprio ora una de-escalation che incominci dalle stesse parole
sabato 28 maggio 2022

Caro direttore,
«Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo», diceva Robin Williams nei panni del professor John Keating ne “L’attimo fuggente”. In questa guerra d’Ucraina, parole e azioni viaggiano appaiate. Non è concepibile una de-escalation militare senza prima un’analoga verbale. Senza un accordo prima tra alleati, com’è possibile andare a trattare col nemico? L’Italia presenta un piano di pace, di dialogo, di cessate il fuoco (pur con punti negoziali deboli visto che non ci sono concessioni alle richieste della Russia), ma la Ue subito per bocca di Ursula von der Leyen parla di «vittoria» dell’Ucraina da perseguire. E a stretto giro il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Medvedev alza i toni e boccia il piano italiano. Bisogna assolutamente trovare parole nuove e “giuste“ che spingano ad azioni conseguenti. Una tregua e poi una pace non possono che nascere da un compromesso. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in ”Palombella Rossa”. Se ad esempio si prende la parola “armi” e la si anagramma con spirito ancora belligerante viene fuori “mira”. Ma se si prova solo ad allargare un po’ gli orizzonti apparirà “rami” e sarà già una boccata d’ossigeno e basterà un niente a trasformarla in “mari” (e dall’odio si passerà allo i-odio). E con un pizzico di poesia sbucherà “rima”. Dalla stessa parola, rimescolando le lettere, si scivola dall’odio all’amore. Non sottovalutiamo le parole. Che la diplomazia possa (ri)trovarle.

Daniele Piccinini Roma


Apprezzo l’eleganza e la passione civile del suo gioco disarmante di parole, gentile e caro dottor Piccinini. E condivido la stessa speranza.

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