mercoledì 14 novembre 2018
«È il nipote» dell’avversario politico è l’infelice battuta diffusa sui social dallo spin doctor del ministro dell’Interno. Invece è solo un ragazzino che non sorride, trasformato in vittima
Il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ospite di 'Alla Lavagna', il programma in cui personaggi famosi del mondo della politica, del giornalismo e dello spettacolo si sottopongono alle domande di una classe di 18 bimbi tra i 9 e i 12 anni, in una immagine tratta dal suo profilo Facebook (Ansa)

Il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ospite di 'Alla Lavagna', il programma in cui personaggi famosi del mondo della politica, del giornalismo e dello spettacolo si sottopongono alle domande di una classe di 18 bimbi tra i 9 e i 12 anni, in una immagine tratta dal suo profilo Facebook (Ansa)

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Caro direttore,

milioni di parole, fiumi di inchiostro, persino una legge a contrasto di un fenomeno grave come il bullismo sulla Rete, non sono riuscite a fermare la smania della battuta a tutti i costi, la ricerca del consenso sui social e la manifestazione di sentimenti irrispettosi per chi ha opinioni politiche diverse. Nemmeno la minore età della vittima ha suggerito maggiore prudenza o un minimo di rispetto. Così avviene che nel 2018, in Italia, un bambino che non sorride, probabilmente senza una vera ragione, in una foto con il potente di turno – in questo caso il ministro Salvini – venga deriso sui social. Non sorride e indossa una maglietta rossa perché «è il nipote» dell’avversario politico è l’infelice battuta diffusa sui social dallo spin doctor (esperto di comunicazione che fa da consulente) del ministro dell’Interno. E subito c’è chi risponde indicandolo come il nuovo potenziale leader dell’opposizione! E invece è un solo un ragazzino che non sorride, trasformato in vittima dell’ignoranza, della superficialità, dell’indifferenza per i diritti dei minori di età. Un cultura, quest’ultima, che nel nostro Paese non si afferma, non cresce e in molti casi, come questo, manca totalmente.

Ad aggravare le cose è che tutto si è svolto a seguito di una trasmissione tv che coinvolge minori tra i 9 e 12 anni, in onda su Rai3, che a cominciare dal titolo («Alla lavagna») richiama il mondo della scuola e che ha come protagonisti proprio i bambini che interrogano politici, giornalisti, personaggi dello spettacolo. Bambine, bambini e ragazzini le cui immagini sono state immediatamente utilizzate sui social per farne occasione di disapprovazione, strumento di lotta politica o, appunto, di derisione. Non più bambini protagonisti quindi, ma oggetto di polemica e denigrazione. In testa a tutti lui, l’unico che non sorride. Colto in un momento a caso, ma stigmatizzato per questo.

E adesso come lo spieghiamo a quel bambino che ha osato non sorridere nella foto di gruppo nel giorno dell’incontro con il Signor Ministro, e ai suoi compagni di classe, che le società si reggono sul rispetto e non sulla derisione degli altri? Come gli insegneremo che i diritti degli altri sono inviolabili, quando i suoi diritti sono stati violati in modo così volgare? Come si costruisce il rispetto se non attraverso il rispetto? Perché trasgredire il patto educativo è pericoloso. Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che nulla conta più dell’esempio. E se l’esempio è che un bambino viene deriso sui social perché non sorride in una foto, tutti sono in grado di capire che l’intera costruzione traballa. E alla fine cadrà. Cadrà sotto al peso della responsabilità di chi, adulto, trasgredisce per primo le regole. La leggerezza con cui è stato violato, ancora una volta, il principio sancito dalla Convenzione di New York che stabilisce la superiorità dell’interesse del minore, fa pensare che la politica non tenga conto del fatto che i bambini di oggi sono gli adulti di domani. A nessuno conviene umiliare l’infanzia, deridendo fin da ora il futuro che ci attende.

Già vicepresidente Commissione parlamentare Infanzia

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