martedì 11 novembre 2008
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Lo scandalo, sì. Ma ancor di più la pena. Ora che abbiamo visto, e le immagini della gazzarra davanti al Santo Sepolcro hanno fatto il giro del mondo ci resta il taglio dello scandalo, e di più, l'amaro della pena. Perché è scandaloso litigare proprio lì, e arrivare addirittura alle mani. È per così dire doppiamente scandaloso. Perché c'è la contesa invece dell'unità, e perché l'istinto e la scelta della contesa non rispettano nemmeno il luogo del più alto sacrificio di Gesù. Lo scandalo è forte, come di una scena indecente. Della più grave indecenza. E cosa importa sapere se qualcuno aveva ragione. Che ragione è quella che porta ad accapigliarsi davanti al luogo dove Gesù ha patito la morte? Dei cristiani hanno dato questo scandalo, e i media hanno tolto ogni riparo possibile. Hanno rilanciato la notizia e le immagini. Non poteva essere altrimenti. Si è trattato di un fatto così grave. Chi conosce quei luoghi santi " e non solo quelli cari alla cristianità " sa che possono crearsi certe situazioni di tensione, di scomodità, di confusione. Ma il motivo per cui ci si reca in quei luoghi suggerisce il supplemento di pazienza necessaria. E dove anche verrebbe da reagire sopra le righe, il rispetto e la coscienza del gesto che si sta compiendo frenano, correggono. Ma oltre allo scandalo resta la pena. Di vedere la cosa peggiore per un cristiano: Gesù ridotto a monumento. Sì, di questo si è trattato. Perché se si arriva a litigare davanti al Suo Sepolcro, è perché si considera quel posto come uno dei tanti monumenti. Importante, sì, ma un monumento. E non segno della Sua Presenza viva. È come se invece che trovarsi di fronte a un Cristo vivo si fossero trovati dinanzi a un Cristo morto. A un museo cristiano. A un Cristo pietrificato. E allora si poteva litigare. Come se Lui non ci fosse. Invece, come sa chi ama qualcosa, qualcuno di vivo, quando ti ci trovi di fronte, tutta l'energia dell'attenzione è tesa a quella presenza. E si dimentica ogni altra scoria. Addirittura quel che sembrava importante trova la giusta dimensione. Lo sanno i bambini, quando si trovano di fronte alla madre. O l'innamorato alla sua donna. Invece per quei litiganti si trattava in quei momenti solo di un monumento. Di uno spazio da occupare. Non il segno di Gesù vivo. E così hanno prevalso le ragioni, o meglio le non ragioni della discordia. Che prevale nei cristiani quando pensano di sapere cosa è Cristo. Invece che domandarlo. La discordia che prevale quando trasformano Cristo in un monumento da possedere, in un discorso da ripetere, in una morale di cui vantarsi. Invece che il corpo di Dio che accetta di morire come un delinquente, per amore. E il corpo Risorto. Vivo. La pena di vedere Gesù ridotto a monumento. Per chi lo ama, questa è la maggiore pena di quelle immagini. La pena profonda. Più ancora dello scandalo bruciante. Perché gli uomini, noi tutti, provochiamo mille scandali e chiediamo che Dio ne abbia pietà. Ma quel trattare i segni della Sua morte e della Sua Resurrezione, della sua Vita come fossero monumenti, mette una pena infinita. Una pena che rompe il cuore. Che fa pensare a quante volte " in tanti templi, riti, raduni " si compiono gesti in modo meccanico, banale, smemorati della Sua Presenza. Per nulla commossi dalla Sua Presenza. Quel gesto scandaloso, e la pena che ci procura, ci spinga a considerare quante volte si compiono gesti cristiani fatti male. Insomma, gesti, riti, o raduni che si nominano cristiani e che sono fatti male, trasandati, ignari di Lui. L'indegna gazzarra di fronte al Suo sepolcro ci ha ferito. Come il segno della necessità continua della nostra conversione. Allo scandalo e alla pena, infatti, sarebbe ancor peggio si accompagnasse l'insopportabile moralismo di chi pensa di non esser capace di arrivare a tanto. O la inutile, capziosa ricerca delle motivazioni dell'uno o dell'altro. La ferita di questo scandalo e la nascosta ferocissima pena che ci provoca lavorino dentro di noi, fino a poter esclamare di fronte alla Presenza viva di Gesù, come sa fare ogni peccatore e ogni santo: Tu lo sai che Ti amo.
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