Sapere il peso dell'elefante (e la direzione da mantenere)
sabato 15 aprile 2023

L’immagine che mi viene in mente mentre penso alla curia vaticana e alle sue strutture, nonché al vicariato di Roma, nel quale da alcune settimane offro il mio servizio come responsabile dell’ufficio della cultura, è quella dell’elefante. Difficile muoverlo e guidarlo. Intanto bisogna indicargli la direzione giusta e in questo Papa Francesco è chiaro e determinato, così come i suoi collaboratori. Tale direzione è l’evangelizzazione di una società ormai scristianizzata, soprattutto in Occidente. Egli rinviene nelle popolazioni indigene di altre culture semi del Verbo che noi spesso ignoriamo. E tuttavia mi piace pensare al nostro contesto non tanto, forse anche, come post-cristiano, ma soprattutto come pre-cristiano. Non siamo ancora cristiani!

L’annunzio dovrà riguardare tutti noi, proprio mentre l’ortodossia sta per festeggiare il giorno di Pasqua, il prossimo 16 aprile. Ascolteremo insieme l’annunzio del “Cristo è risorto!”. Il grido-annunzio, accompagnato dall’avverbio “veramente”, che potrebbe addirittura sembrare una esclamazione (in napoletano “ma ‘o ver!”), da secoli risuona nella cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca e le iniziali XB si leggono in quel contesto sulle uova colorate che le persone si scambiano insieme agli auguri. Tale proclama veniva a rompere il grigiore della dittatura sovietica, durante il lungo inverno comunista; oggi ci auspichiamo possa infrangere l’adesione dei credenti alla logica bellica, perché il dono del Risorto è la pace. Ma anche quello russo è un elefante, che speriamo riesca a scorgere il senso della giusta direzione verso cui orientarsi. Oggi nessuno, né oriente ortodosso russo, né occidente vuoi cattolico che protestante, può dirsi ancora cristiano, soprattutto finché continua questa assurda guerra. La Pasqua chiede conversione da parte di tutti e di ciascuno. Ne saremo capaci?

Il peso che l’elefante si accolla, per quanto riguarda il nostro contesto, è anche quello degli scandali economici e degli abusi sessuali. Non li può rimuovere, diventando gazzella che corre ignorandoli o lasciandoli sul ciglio della strada. Se ne deve far carico, con la fatica di raggiungere la verità e arrivare alla trasparenza a ogni costo. Nessun regime mondano sembra far proprio questo obiettivo. Noi sì! E lo diciamo con timore e tremore, ma anche con la piena consapevolezza che questo sia il primo traguardo da raggiungere nel cammino verso la giusta direzione.

Viviamo una profonda crisi di fede, come quella della comunità di Corinto, che, di fronte alla morte e alla sua invadenza culturale, stava rinunziando a credere nella resurrezione del Cristo. Di qui la “nuova” evangelizzazione che l’apostolo Paolo intraprende, perché non si disperda la dirompenza propulsiva dell’annunzio (kerygma). Il richiamo a 1Cor 15, 1-11 riguarda non solo la nostra vita personale, ma anche quella delle nostre strutture ecclesiali. Se non si ispirano al primato dell’evangelizzazione, come espresso a chiare lettere nella costituzione apostolica Praedicate Evangellium e nell’analogo documento In Ecclesiarum Communione, col decisivo e teologico richiamo alla “rete sacramentale”, le cosiddette riforme rischiano di diventare operazioni di maquillage, di cui nessuno sente il bisogno.

Le riforme e la riforma camminano sulle gambe delle persone. Una prospettiva perfettista e totalizzante suggerirebbe una sorta di epurazione etnica con il conseguente taglio delle teste, che segue ogni rivoluzione. Ma riforma non è rivoluzione! La ghigliottina non ci appartiene né come Chiesa né come cultura. Le gambe delle persone saranno quelle di coloro che vorranno aderire alla proposta della nuova evangelizzazione, ma anche quelle di quanti in passato sono stati emarginati, pur avendo molto da dire alla comunità ecclesiale e alla società civile, pagando le conseguenze testimoniali della loro aderenza evangelica. In questo momento penso che la comunità ecclesiale abbia bisogno di un’alleanza sincera e profonda fra persone che si facciano carico del peso e condividano la direzione verso la quale dirigere le strutture. Mentre invochiamo questo dono pasquale di una nuova alleanza, lavoriamo perché possa realizzarsi a partire dal nostro “piccolo mondo moderno”, onde giungere alle orecchie e ai cuori dei fratelli cristiani europei e americani, russi e ucraini, coi quali ci sentiamo profondamente solidali.

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