Salvare il settore pubblico dal privato. E dalla burocrazia
giovedì 22 giugno 2023

Esistono molte interminabili discussioni che riguardano il ruolo di pubblico e privato nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn), un bene straordinario che dobbiamo preservare a ogni costo per i nostri figli e le successive generazioni. Con il tempo il privato ha preso un ampio spazio rispetto alla fondazione del Ssn nel 1978. Doveva essere un appoggio o una integrazione quando il Servizio pubblico non poteva rispondere alla domanda dei cittadini, e invece con il tempo e con ampie differenze regionali il privato è divenuto sempre più importante.

Le ragioni del successo privato sono molteplici: in genere, le strutture private pagano meglio i medici e i dipendenti sanitari, sono più efficienti, più pronte a rispondere alle sollecitazioni, ma devono fare profitto. Il profitto non è un peccato, è però una tentazione che può indurre a fare interventi non strettamente necessari o urgenti, a legare incentivi economici al numero di interventi, a reclutare pazienti in altre regioni rispetto alla loro residenza. Esistono anche studi che mostrano come i soldi spesi nel pubblico determinino più salute rispetto a quelli spesi nel privato.

Occorre tuttavia riconoscere che anche il pubblico – ovviamente non-profit – ha i suoi problemi. Essendo legato alla Pubblica Amministrazione risente molto della burocrazia particolarmente ingombrante nel nostro Paese. Gli interventi riguardanti la salute necessitano di tempestività e flessibilità, requisiti incompatibili con la burocrazia. Servono di solito mesi se non anni per nominare un primario o un responsabile del servizio, mentre ogni Ospedale o Struttura sanitaria dovrebbe potere scegliere, senza il timore di sempre incombenti ricorsi al Tar, un primario che risponda ai suoi interessi, naturalmente fra quelli che hanno già ottenuto una idoneità a livello nazionale o regionale. Un primario dovrebbe poter selezionare i suoi collaboratori. Si obietta che si può incorrere in rischi ma, in generale, concedere fiducia aumenta la responsabilità e anche l’impegno, quindi l’efficienza. La burocrazia si esprime spesso in regole contraddittorie. Ad esempio, abbiamo visto come l’acquisto di siringhe fatto da vari ospedali avesse costi incredibilmente diversi. L’acquisto di apparecchiature, spesso con carattere di urgenza, è un altro aspetto in cui la burocrazia determina tempi non compatibili con l’efficienza.

L’impiego dei Drg (Diagnosis Related Group), che regolano il prezzo per ogni tipo di intervento a seconda della malattia da curare per via medica o chirurgica, richiede un lavoro cartaceo o digitale che potrebbe essere sostituito da un budget da utilizzare secondo le regole del buon management, da compensare con rigorosi controlli. Spendiamo oltre 20 miliardi di euro per farmaci che potrebbero essere ridotti se vi fossero più competenze nelle trattative per le forniture. Possiamo trovare un equilibrio? In genere, quando si cerca di operare cambiamenti significativi, si viene catalogati come velleitari o sognatori, ma ci voglio provare anche solo per suscitare discussioni.

La prima cosa da fare è quella di sottrarre il Ssn alla Pubblica Amministrazione per liberarlo dalla burocrazia e quindi anche dalla politica. La struttura più adatta per questo scopo è la Fondazione, una struttura che è retta da un Consiglio d’Amministrazione con Comitati amministrativi regionali. Mantenere un controllo centralizzato può permettere di avere maggior potere per allineare il più possibile a un alto livello tutte le attività regionali che oggi sono a “macchia di leopardo”. Le disponibilità economiche per ogni Regione potrebbero avere una variabilità negli anni per poter ottenere miglioramenti strutturali o degli operatori. Le Regioni dovrebbero allocare un budget per ogni struttura lasciando libertà d’azione “vigilata”. Naturalmente, le Fondazioni non hanno scopo di lucro e, quindi, non possono arricchire nessuno, potendo invece pagare salari adeguati agli operatori in base ai ruoli. Una struttura di questo genere potrebbe espandersi più facilmente e quindi limitare lo sviluppo del privato.

Non solo, ma non ci sarebbero problemi a collaborare con altre Fondazioni nonprofit esistenti in campo sanitario. Certamente non sono così ingenuo da pensare che sia facile o che questa proposta sia una bacchetta magica. Ma sarebbe bene che, anziché discutere di piccoli dettagli, si potesse ampliare il discorso, tenendo presente che la discussione concentrata sugli ospedali vale anche per le auspicate Case di Comunità.

Fondatore e Presidente Istituto di Ricerche Farmacolgiche Mario Negri IRCCS

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