sabato 18 settembre 2010
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Caro direttore,seguo ogni giorno la rassegna stampa, Prima Pagina, di Radio Tre e le debbo dire che ho notato con piacere la sua grande competenza espressa in risposte chiare, concise e rispettose delle opinioni altrui. È stato un vero piacere ascoltarla e sono certo che moltissimi hanno avuto la mia stessa impressione. Mi auguro di riascoltarla. Mi consenta però di farle presente un certo mio disappunto per le risposte che lei ha dato, per due volte, alla domanda circa il silenzio del mondo musulmano riguardo la condanna alla lapidazione di Sakineh. Francamente in queste due risposte mi è sembrato di averci visto l’ormai abusato linguaggio politicamente corretto, a cui si ricorre quando bisogna esprimere giudizi circa il mondo islamico. Mi deve scusare ma mi è parso che la domanda di cui sopra non le piacesse, per cui l’ha liquidata senza alcun commento. È stata una mia impressione o va in giro la sindrome di Ratisbona, per cui è opportuno sorvolare su certe verità sull’islam per non suscitare violente reazioni? Mi perdoni, caro direttore, per queste mie insinuazioni, ma sono certo che lei saprà, se lo crederà opportuno, rispondere a dovere. Grazie.

Padre Luca Arcese, Ceprano (Fr)

Non quella domanda radiofonica sulle reazioni (mancate) alla condanna a morte per lapidazione di una donna iraniana mi ha fatto dispiacere, caro padre Luca, bensì dover constatare ancora una volta che non solo dai governi di Paesi a maggioranza musulmana, ma anche da parte della "società civile" islamica nessuna voce si fosse levata in modo convincente e forte a favore della signora Sakineh. Per la verità un lettore-ascoltatore mi ha segnalato la corale presa di posizione di un gruppo di iman veneti; ne sono grato a lui e mi congratulo con loro. Ma so che purtroppo si è trattato solo di una goccia, preziosa, in un mare di silenzio, che è diventato addirittura un oceano in questi ultimi giorni. Le aggressioni – con fuoco, esplosivi e attacchi di massa – contro chiese e scuole cristiane in India e Pakistan motivate – a quanto pare – dal «rogo del Corano» (raccontato da una tv iraniana anche se, come noto, l’oscuro pastore protestante che l’aveva minacciato poi non l’ha più effettuato) non hanno spinto nessun leader islamico alla deplorazione pubblica o anche solo a dichiarazioni tese al ristabilimento della verità. Mi creda, di fronte a tutto questo la mia prima preoccupazione non è di certo quella di risultare «politicamente corretto». E forse anche il colloquio con alcuni amici lettori uscito martedì scorso su questa stessa pagina («È tempo di fermare il fuoco contro il "sale" cristiano») dice qualcosa a questo proposito. So che di fronte alla violenza, all’ingiustizia e alla disumanità – da chiunque vengano e soprattutto se si osa commetterle in nome di Dio – l’unica cosa certamente sbagliata è far finta di non capire e di non vedere. In ogni caso, un sincero grazie per il suo apprezzamento e incoraggiamento oltre che per avermi dato un’ulteriore occasione di chiarimento.
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