sabato 20 ottobre 2012
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È già successa, la storiaccia dei medici che intascano premi in denaro o viaggi o donazioni varie, offerti da qualche ditta produttrice di medicinali, purché prescrivano farmaci di quella ditta. È già successa, e adesso si ripete. Dunque è una costante. E allora guardiamo bene cosa ci rivela. Anzitutto, stavolta è una notizia che riguarda molte zone d’Italia, praticamente tutte: gli indagati sono 67, appartengono a strutture pubbliche ma anche a private, e le accuse sono di corruzione, istigazione alla corruzione, truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, falso e – mai sentita prima d’ora un’accusa con questo nome, ma ciò non significa che non ci fossero le condizioni – comparaggio.
"Comparaggio" fa pensare a un’associazione di affaristi senza scrupoli che fanno affari, badando che nella trattativa a due l’interesse di uno produca un interesse dell’altro. Le città dove sono state svolte le perquisizioni sono indicate sui giornali in ordine alfabetico, e vanno dal profondo Nord al profondo Sud: Ancona, Ascoli Piceno, Bari, Brescia, Cagliari, Caserta, Chieti, Ferrara, Firenze, Frosinone, Genova, Lucca, Mantova, Messina, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Pavia, Perugia, Pescara, Roma, Terni, Torino, Trento, Trieste, Verona e Viterbo.
Che cosa succede, secondo le accuse? Succede che questi medici avrebbero accettato (ripeto: secondo le accuse) denaro contante, o Ipad, o vestiti, od ospitalità in alberghi lussuosi, o viaggi in terre esotiche, o gioielli, o altre forme di compenso, da parte di rappresentanti di una ditta farmaceutica, in cambio della prescrizione di particolari medicinali di quella stessa ditta, anche a chi non ne ha bisogno o in forme superiori al bisogno. Quei medicinali contengono ormoni della crescita. In taluni casi, la prescrizione sarebbe stata abbondante anche verso bambini, col risultato che i bambini venivano 'gonfiati' artificialmente, senza beneficio alcuno.
È triste scorrere con l’occhio al rapporto fra prescrizione e compenso, e leggere formule per esempio come questa (e qui cito da un giornale): «Un nuovo paziente, possibilmente un bambino, da curare con l’ormone della crescita, vale 2mila euro; per gruppi di 20 o più pazienti, il premio può salire fino a 50mila euro». È tristissimo leggere che qualche medico si sarebbe lamentato perché il rapporto tra servizio del medico e compenso dell’azienda farmaceutica non sarebbe stato, secondo lui, abbastanza vantaggioso. La grande novità che uno scandalo come questo (e naturalmente, se venisse smentito in maniera convincente, saremmo i primi ad esultarne) introduce nel nostro costume è, in parole brevi, il supremo trionfo dell’etica dell’affare, dominante nella nostra società.
Non più la medicina al servizio dei malati, ma il contrario: i malati al servizio della medicina. Non più i farmaci inventati come risposta alle malattie, ma l’invenzione di nuove malattie o di nuovi malati in risposta alla produzione di medicine. Non più la pratica della medicina per aumentare la salute dei malati, ma la salute dei malati sfruttata per aumentare il benessere economico delle aziende farmaceutiche. Non più il medico che visita il malato pensando: «Come posso guarirlo nella maniera più rapida, più economica e più benefica per lui?», ma il medico che pensa: «Come posso sfruttare questo malato e questa malattia, per ricavarne il maggior vantaggio per l’azienda che mi paga?». Insomma: prima le aziende inventano le medicine da vendere, poi i medici inventano i malati che devono comprarle. È il trionfo dell’etica borghese: il primo valore da perseguire è l’affare. Un grande trionfo, ma non ancora il trionfo finale. Il trionfo finale prevede un popolo tutto di malati, cioè, per le aziende, tutto di clienti: capitalisticamente, il paradiso.
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