martedì 30 dicembre 2008
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Israele ha cambiato il vecchio principio "occhio per occhio" nella versione aggiornata di "venti occhi per un occhio". Lo disse due anni fa, con poca diplomatica franchezza, il ministro degli Esteri finlandese commentando la guerra israeliana contro il Libano dell’estate 2006 in risposta alla cattura di tre soldati dello Tsahal da parte degli Hezbollah. Potremmo dire che l’operazione "Piombo fuso" su Gaza segna un ulteriore aggiornamento in "duecento occhi per un occhio". I raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza hanno fatto in soli tre giorni oltre trecento morti, colpendo miliziani della Jihad islamica e di Hamas ma anche reclute di polizia, colpevoli solo d’indossare una divisa per sfuggire alla disoccupazione ed alla fame, e gente inerme, compresi donne e bambini. «Purtroppo in guerra anche i civili pagano un prezzo », dice la nuova lady di ferro Tzipi Livni, ministro degli Esteri e candidata a premier del prossimo governo israeliano. Ma quando gli ospedali si trasformano in obitori può sorgere il dubbio che il prezzo sia troppo alto. Israele ha scatenato la più dura e sanguinosa rappresaglia degli ultimi quarant’anni reagendo alla pioggia di razzi Qassam che vengono lanciati dalla Striscia di Gaza sulle città confinanti israeliane. Sia ben chiaro da subito: la responsabilità principale è di Hamas che, dichiarando finita la tregua siglata sei mesi fa, ha ripreso le sue provocazioni seminando il terrore tra gli abitanti di Sderot, di Ashkelon e del Negev. A dire il vero la tregua non ha portato grande sollievo alla popolazione stremata di Gaza dove in questi ultimi sei mesi i valichi sono rimasti quasi sempre chiusi e gli aiuti umanitari sono transitati col contagocce. E senza la prospettiva politica di un negoziato la tregua è solo una pausa dovuta alla stanchezza dei combattenti, sempre pronti a riprendere la guerra. Forse Hamas non s’aspettava una rappresaglia così pesante. In ogni caso contava sulla reazione israeliana nella logica auto- lesionista del tanto peggio, tanto meglio. Tanto peggio per la popolazione, tanto meglio per chi comanda. Hamas perde consensi quando è costretta a governare ma torna in auge quando si trova sotto attacco militare. Conoscendo solo la logica dell’odio e del fanatismo si sente tanto più forte quanto più alto è il numero di cadaveri provocati dal ' nemico sionista'. Per Hamas, cinicamente, tutto questo ha un senso. Ma per Israele che senso ha una rappresaglia così dura e devastante? A cosa mira concretamente? La domanda viene spontanea se si pensa alla lunga sequenza di risposte militari che ha segnato l’occupazione israeliana più che quarantennale nei Territori palestinesi. Nessuna di queste rappresaglie ha portato più sicurezza per gli israeliani, tutte hanno provocato un’ulteriore radicalizzazione della società palestinese. L’unica giustificazione può venire solo dal rovesciamento di Hamas nella Striscia di Gaza. Lo ha detto apertamente il vice- premier israeliano Haim Ramon. Se infatti i raid aerei, in combinazione con le incursioni terrestri date per imminenti, riusciranno a decapitare il movimento integralista, Israele potrà contare sul tacito ma sostanziale plauso del presidente palestinese Abu Mazen e della maggior parte dei Paesi arabi. A Gaza le strutture di Al Fatah, che rispondono al presidente dell’Anp, si preparano a riempire il vuoto di potere dopo il collasso degli integralisti islamici. E’ una posta molto elevata quella che Israele si è prefissata con l’operazione ' Piombo fuso'. Un’operazione condotta con mano davvero pesante. Sarebbe doppiamente tragico se mancasse l’obiettivo.
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