sabato 17 dicembre 2016
Le amministrazioni sull'orlo della crisi per vicende giudiziarie che non riguardano direttamente la loro attività.
Roma e Milano: condanne no, giudizi sì
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Come le crisi di governo, che nella storia dell’Italia repubblicana sono state per la maggior parte extraparlamentari, sembrano oggi moltiplicarsi le crisi comunali extraconsiliari. Queste, come quelle, innescate non di rado da qualche iniziativa giudiziaria. Ieri due sonori colpi sono stati battuti in tal senso nelle città più rappresentative del Paese: Roma e Milano.


Per le amministrazioni non si parla di crisi conclamata, o comunque non ancora, ma i fatti parlano chiaro: Giuseppe Sala si è autosospeso dalla carica, mentre Virginia Raggi (già messa a dura prova da ripetute grane politiche e giudiziarie, penultima in ordine di tempo quella che ha portato alle dimissioni da assessore di Paola Muraro) appare sempre più in difficoltà. Entrambi i sindaci sono coinvolti in vicende che non riguardano direttamente la loro attività di primi cittadini, ma un appalto dell’Expo, per il primo, e le precedenti presunte malefatte dell’attuale capo del personale del Campidoglio, per la seconda.Ormai certi fatti sono talmente ricorrenti e complicati che non si sa bene da quale parte prenderli. Ma forse è possibile mettere in fila qualche considerazione.

Per quanto riguarda l’attività politica, l’abbiamo detto altre volte, non c’è dubbio che l’onestà rappresenti una pre-condizione. Assolutamente necessaria, ma non sufficiente a garantire buoni risultati. Non basta gridare «o-ne-stà o-ne-stà» in piazza o sui social media per trasformarsi in un bravo sindaco. Tanto più se poi non ci si dimostra accorti nella scelta dei propri collaboratori. Nel caso di Roma, vale per Muraro come per Raffaele Marra. Il profilo di quest’ultimo non era certo un mistero. Né era un segreto che avesse lavorato con la giunta Alemanno e fosse poi rimasto in Campidoglio con l’amministrazione di centrosinistra di Ignazio Marino, entrambe descritte come il peggio del peggio dal Movimento 5 Stelle. Perciò, autentiche o meno che siano le accuse che vengono rivolte a Marra, ha colpito la determinazione con la quale la sindaca Raggi lo ha voluto al suo fianco, prima come vicecapo di gabinetto vicario e poi – dopo le polemiche sorte in seno allo stesso Movimento – come direttore del dipartimento del personale.

E ha sorpreso, ieri, la facilità con la quale la stessa prima cittadina ha liquidato Marra, descrivendolo incredibilmente come solo «uno dei 23mila dipendenti capitolini».Nel frattempo, trascorsi sei mesi dalle elezioni che secondo Raggi avrebbero inaugurato «una nuova era», nulla è cambiato: la Capitale d’Italia continua a languire nel degrado ambientale e sociale. Certo, sei mesi sono pochi. Ma se ne sono andati tutti per correre dietro a nomine, pareri, dimissioni e ricorsi.E la pazienza dei cittadini continua a logorarsi. Le risposte non possono venire tutte di colpo, ma da qualche parte bisogna pur cominciare…

Diverso, per genere e contenuti, il discorso sul sindaco di Milano Sala che investe direttamente l’annosa questione del rapporto tra politica e magistratura. In questo caso infatti l’indagato è lui, ma vale la pena notare che dei medesimi fatti si era già occupata la procura di Milano e non aveva incluso il nome di Sala tra quelli coinvolti, dei quali per altro chiese il proscioglimento. Quelle conclusioni non sono state condivise dalla procura generale del capoluogo lombardo, che ha perciò avocato a sé le indagini e ora svolge accertamenti anche a carico dell’ex-numero uno di Expo. A suo tempo, inoltre, l’inchiesta fu al centro di un vero e proprio scontro interno alla procura tra l’allora capo Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo.Diranno i giudici se fu commesso il reato di falso, per l’appalto sulla Piastra di Expo 2015.

Ma forse, a quasi un quarto di secolo dal ciclone Tangentopoli, sarebbe il caso di tornare a chiamare le cose con il loro nome: un indagato è una persona sottoposta a indagine, non un condannato. Lo diciamo per Sala, per Raggi (che non risulta indagata, ma appartiene a un movimento che chiede le dimissioni di ogni politico indagato) e per tutti i sindaci e amministratori locali d’Italia. Per loro, anche a causa dei meccanismi indotti dall’obbligatorietà dell’azione penale, finire sotto inchiesta è facile come prendersi la varicella da bambini.Non siamo – e non vogliamo diventare – di quelli che si nutrono di sospetti e condannano di slancio. Ma sappiamo maturare giudizi. E il metro che conta è la vita delle nostre città, la vita della nostra gente.

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