martedì 23 giugno 2009
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Dopo oltre un mese di ossessiva campagna di stampa che ha sconcertato l’opinione pubblica, si possono fare alcune considerazioni su un grande tema come quello dei rapporti tra politica e moralità. Tra le cose dette, e ipotesi ventilate, ce n’è una che interessa tutti gli italiani, il mondo politico, le istituzioni. Essa riguarda la possibilità che, a seguito di risultanze indirette di una inchiesta giudiziaria, si modifichino in profondità gli equilibri usciti dalle elezioni del 2008, per aprire scenari inediti. Nei quali si rimescolerebbero i ruoli delle forze politiche fino a prefigurare governi istituzionali, di unità nazionale, o d’altro tipo. L’ipotesi non è astratta se è vero che è stata formulata da personalità di rilievo, con l’indicazione (sempre ipotetica) del tipo di maggioranza da comporre, di esponenti 'garanti' della nuova stagione, di passaggi istituzionali da realizzare. Il solo fatto che questi scenari non siano più sussurrati, ma prospettati concretamente, pone interrogativi molto seri che non possono essere elusi. C’è da chiedersi, ad esempio, se sia possibile anche solo concepire il ribaltamento di un assetto politico largamente votato nel 2008 (e confermato di recente) per questioni che, comunque si vogliano valutare, non hanno attinenza con il patto di governo che unisce forze legittimate da elezioni democratiche. C’è anche da chiedersi se una ipotesi del genere, ove coltivata, non finirebbe col generare nei cittadini una sfiducia profonda nella politica convincendoli che in definitiva le loro scelte contano poco o nulla. Perché possono essere ribaltate con disinvoltura, mentre la minoranza che non ha ottenuto il consenso delle urne (e vive uno stato di confusione e divisione interna) riuscirebbe ad essere reinserita in un circuito di governo dal quale il voto l’ha esclusa. Non si può dimenticare che la prima regola di moralità politica in una democrazia è che il voto popolare sia rispettato, e non stravolto da gruppi che non ne hanno legittimità. Una ipotesi del genere, poi, accrediterebbe la tesi di chi critica il metodo con cui in passato si è cercato di alterare maggioranze uscite da consultazioni popolari, e confermerebbe il sospetto che si voglia fare lotta politica per vie traverse e con mezzi impropri rispetto a quelli del nostro sistema. Una certa (presunta) disinvoltura del passato si trasformerebbe oggi in qualcosa di più grave, perché verrebbe a colpire una chiara espressione della sovranità popolare. Altra questione è quella che riguarda i comportamenti privati di personalità politiche, ritenuti non consoni alle responsabilità istituzionali che ricoprono, su cui è legittimo avere opinioni diverse. Per esempio, da settimane è in corso un accanimento investigativo (da parte della stampa) su fatti veri o presunti, e a sfoggiare inflessibilità e rigore moralistici sono coloro che per il solito proclamano principi opposti, a cominciare dalla rivendicazione del più totale arbitrio individuale in materie che, si dice, non dovrebbero neanche interessare gli altri. Si può parlare di uso strumentale del fattore etico destinato ad esaurirsi quando non torni più utile. Però, è anche vero che quanto trapela (con tutte le riserve del caso) dall’inchiesta di Bari può suscitare interrogativi, creare disagio rispetto all’immagine pubblica di persone alle quali il cittadino tiene, e che vede offuscata se le rivelazioni fossero provate. L’immagine di chi ha responsabilità istituzionali non è del tutto indifferente, qualunque cosa accada, e per questo motivo diverse voci, tra le quali Avvenire nei giorni scorsi ma pure personalità e stampa vicine al governo e alla maggioranza, chiedono chiarimenti, assicurazioni, anche sul fatto che non si verifichino più in futuro situazioni disagevoli per tutti. La giusta autonomia tra politica e moralità non è assoluta, specialmente se vengono toccate sensibilità elementari, dirette anche a tutelare le istituzioni, che integrano una più ampia sensibilità politica. Da sempre, prudenza e saggezza sono virtù chieste ai governanti, e se l’assalto è da respingere, la critica è legittima. Ma questo è un dibattito da condurre alla luce del sole, senza finalità oblique, non da utilizzare per mettere in discussione equilibri politici nazionali decisi dall’elettorato. A ben vedere, l’elettorato, oltre ad essere sovrano, è anche l’unico che non ha alcuna colpa e quindi non può essere vittima di manovre contrarie allo spirito e alla sostanza della democrazia.
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