martedì 28 maggio 2013
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Caro direttore,
leggo su "Avvenire" di sabato 25 maggio la lettera del signor Giulio Mantovani e la sua saggia risposta, che – a mio parere – necessita di una importante aggiunta. Hanno la "prima" casa tanto Mantovani quanto quella non indifferente percentuale di italiani che posseggono una grossa fetta della ricchezza nazionale. Non vedo proprio perché costoro non debbano pagare l’Imu. Anzi, visto l’alto debito pubblico e gli altri grossi problemi economici, se fossero solidali, dovrebbero pagarla almeno decuplicata. Non immagino cosa potrebbero obiettare i politici che si dicono cattolici. Non solo. Poi c’è la categoria degli onesti (purtroppo sempre meno numerosi, visti gli esempi che vengono dall’alto...) come quella signora di Palermo, alla quale lei ha risposto l’11 maggio scorso, che l’Imu la paga volentieri, non vive nel lusso, ma le basta quello di cui dispone. Che esempio! Anche in questo caso, i politici che si dicono "cattolici" che cosa hanno da obiettare a questa categoria di oneste persone? Per favore, diciamo pane al pane: di cattolici «da salotto» ormai ne abbiamo le tasche piene... A risentirla e rileggerla, caro direttore, e auguri per il suo lavoro!
Beppe Serione, classe 1932
Comprendo le nobili motivazioni che stanno alla base della sua forte visione solidale, caro signor Serione, ma immaginare una «Imu almeno decuplicata» significherebbe pensare a una sorta di esproprio della casa di prima abitazione, con un’infinità di italiani ridotti sostanzialmente ad affittuari dei Comuni di residenza. Mi pare davvero eccessivo... Sono tra coloro che pensano che il nostro sia un popolo capace di grandi imprese, di solidarietà, di generosità e di coraggio, un popolo disposto anche a seri sacrifici collettivi, persino – per ipotesi – a uno sforzo straordinario e teso ad abbattere il debito pubblico che schiaccia il nostro presente e il futuro dei nostri figli. Ma una tale operazione dovrebbe essere ben spiegata e meglio gestita. Dovrebbero esserci – appunto – dati un obiettivo del tutto verificabile, un orizzonte temporale certo, buone motivazioni, garanzie di qualità nell’azione di governo (niente divagazioni e pigli «salottieri», insomma, soprattutto se ci si dichiara cattolici impegnati…). Qualcuno forse dirà che è chiedere troppo, a me pare il minimo indispensabile. Non ci servono insomma eccessi, ma buona coscienza, convinzione, credibilità e mira adeguata. Grazie, caro e gentile amico, per l’apprezzamento e per gli auguri, che ricambio.
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