Ricominciamo dalla qualità della nostra cittadinanza
venerdì 11 settembre 2020

Le virtù che dovrebbero caratterizzare l’uomo a servizio del bene comune sono consapevolezza e coscienza, credibilità, coerenza, comunione, ascolto, coraggio. Nel messaggio per la 52ma Giornata mondiale della pace del 2019, il Papa le ha indicate richiamando le 'beatitudini del politico' proposte dal cardinale vietnamita François-Xavier Nguyen Van Thuan. Papa Francesco mostra anche i vizi ai quali il politico potrebbe andare incontro: negazione del diritto, non rispetto delle regole, arricchimento illegale, esercizio del potere giustificato dalla 'ragion di Stato', bramosia di potere, xenofobia e razzismo, mancanza di cura per il Creato, sfruttamento delle risorse naturali per puro profitto economico, disprezzo degli esiliati per ragioni politiche (mancanza di libertà e diritti essenziali). In questo tempo di campagna elettorale, in cui le competizioni regionali dominano (oscurando colpevolmente anche la questione referendaria di revisione costituzionale), quella operata dal Papa rappresenta una ottima sintesi che si contrappone ad astratte discussioni sulle virtù del politico inteso come mero tecnico dell’amministrazione.

Max Weber aveva già messo in guardia il politico dalla trappola della vanità e dall’infedeltà al mandato oltre che da un’irresponsabilità sempre più diffusa. Una trappola mortale anche per lo stesso cittadino, per cui valgono quelle virtù e quei vizi di cui si è appena scritto, se è vero – come è vero – che tutti i cittadini sono parte attiva della realtà politica e sociale del Paese e le loro scelte determinano la qualità del governo. Ogni cittadino di fatto è un politico, aldilà di ogni scelta e partecipazione a partiti o movimenti, perché chiamato a rispondere a quella vocazione per il bene comune che è tensione etica, impegno di cura reciproca e per l’ambiente in cui vive. Le virtù del politico sono così le virtù del cittadino e viceversa: il senso dell’azione politica del cittadino non è semplicemente nella scelta, spesso leggera, dei propri rappresentanti, ma in una cittadinanza attiva e propositiva che si realizza in un insieme di azioni collettive, nella cura per i beni comuni, nel sostegno per i soggetti più fragili e deboli, nell’esercizio dei propri diritti e nel rispetto dei doveri, nella lotta per i princìpi fondamentali della democrazia. Anche il 'voto con il portafoglio' – in Italia teorizzato e proposto soprattutto dall’economista Leonardo Becchetti –, inteso come orientamento politico fondato su una sempre maggiore consapevolezza che scelte di consumo e risparmio costituiscono una forte leva sociale, rientra nel novero degli strumenti in grado di determinare una politica attenta e generativa.

La partecipazione attiva dei cittadini può, in questi termini, influenzare le politiche pubbliche, può modificarle solo se svolta, però, con intelligenza, competenza, cognizione di causa, passione e umiltà. Mounier indicherebbe 5 verbi essenziali: uscire da sé, comprendere, prendere su di sé, dare, essere fedele. In sintesi educare alla responsabilità verso gli altri contro la logica dei muri; dialogare, maturare una tensione verso contenuti e metodi comunitari di formazione alla politica oltre che verso un’autoformazione come criterio di crescita personale; empatia, prendersi cura dell’altro, condividendo la vita dell’altro in maniera caritatevole; donare come atto di responsabilità in una logica gioiosa di gratuità senza egoismi; responsabilità per gli impegni assunti non giocando (populisticamente) con le ansie del popolo, stando attenti all’utilizzo pervasivo dei media che spesso mistificano la realtà.

Le qualità del cittadino si misurano, allora, sulla partecipazione responsabile alla politica come amicizia nel e per la comunità, come risposta a Dio, a sé stessi, agli altri e alla natura. È realizzare quella che il neotomismo napoletano di fine Ottocento definiva «cittadinanza cristiana» in termini di socievolezza e fratellanza universale, è prendersi cura del mondo malato a partire dalle malattie dell’uomo, è scommettere, come papa Francesco ricorda, sulla politica come «amicizia sociale». Ancor di più oggi alle prese con la pandemia di Covid-19 i cui effetti non sembrano ancora determinare un cambio di rotta e rinnovati stili di cittadinanza orientati alla responsabilità o se si vuole proprio a questa amicizia.

Quale sacrificio in questi mesi estivi è stato fatto per preservare, ad esempio, il diritto fondamentale dell’istruzione e il futuro delle nuove generazioni? Anche qui è una questione educativa e formativa di coscienze e di menti che non ha limiti di età, né vincoli di spazio: il primo dovere di adulti, genitori, formatori, è quello di insegnare a respirare umanità, perché il pianeta possa continuare a respirare, sentendo forte la responsabilità intergenerazionale e la connessione tra tutti gli esseri viventi.

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