domenica 10 ottobre 2010
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Caro direttore,la fusione Forza Italia-Alleanza nazionale coinvolgeva principi e valori sul piano della democrazia sentiti e vissuti dai protagonisti: non mi pare che questi valori siano stati tenuti in considerazione nella scelta di Fini e dei suoi seguaci di abbandonare la coalizione di governo. Questo ripensamento politico e programmatico ha creato una situazione di instabilità sfociata nella mozione di sfiducia firmata insieme a Casini e a Rutelli. Secondo me sta mancando il rispetto verso l’elettorato, che aveva dato il consenso con il voto al Pdl, e verso il Paese, vista la crisi che non passa e considerato il contesto economico-finanziario europeo nel quale l’Italia – che non è la migliore, ma nemmeno la peggiore – avrebbe bisogno di presentarsi con un profilo stabile e affidabile. Credo, poi, che i seri dissensi all’interno della maggioranza di governo avrebbero trovato le dovute mediazioni se vi fossero state opportune normative istituzionali in difesa delle scelte dell’elettorato che ha designato una maggioranza di governo per 5 anni di legislatura. E invece siamo di fronte ad una situazione paradossale, con la conseguenza che la mozione di sfiducia di una nuova minoranza potrebbe creare un anomalo cambiamento di maggioranza. Ma la sorte di chi ha avuto il mandato di governare deve essere decisa dal corpo elettorale e non da politici di diversi schieramenti d’opposizione, divisi su tutto eppure uniti dall’obiettivo di mandare a casa il governo.

Enzo Sibilia, Baldissero Torinese

Mi pare di capire, caro signor Sibilia, che lei nutre due preoccupazioni. La prima riguarda, qui e ora, la sorte del governo scelto dagli elettori due anni e mezzo fa e per il quale lei auspica stabilità nell’attuale difficile congiuntura economico–finanziaria. La seconda concerne la perdurante mancanza di appropriate norme anti–ribaltone che, al di là della presente contingenza, impediscano giochi di Palazzo e, appunto, ribaltamenti della volontà popolare. Sono comprensibili entrambe. Riguardo alla possibilità di una formalizzazione della crisi di governo che è già in atto, io credo che nella situazione attuale dell’Italia una disordinata corsa alle urne sarebbe rischiosa e credo anche che soluzioni basate su “governicchi” (cioè sulla resistenza tout court di un governo visibilmente azzoppato o sulla costruzione di un governo raffazzonato che metta insieme – per polemica o interesse – diverse e non componibili minoranze) risulterebbero quantomeno problematiche. Serve un colpo d’ala e una generosa dose di lucidità, e la politica – quando tende a essere anche arte del bene comune e non solo partita di potere – di questo deve essere capace. Quanto alle norme anti–ribaltone, sono d’accordo con lei: sono opportune, anzi a mio giudizio assolutamente necessarie. Il ribaltone è il capovolgimento dell’esito delle elezioni, che nel 2008 ha  illuso noi cittadini di aver contribuito a scegliere non solo un Parlamento ma anche, fra tre alternative, un programma di legislatura, uno schieramento politico e un capo della coalizione. E per quanto sia «legittimo» a Costituzione vigente (per questo le norme a hoc dovranno avere rango costituzionale) e risulti impraticabile solo se le forze parlamentari in campo lo rendono tale,  è e resta un evento traumatico, che offende la volontà espressa dagli elettori e incattivisce enormemente la dialettica politica. Ma, soprattutto, anche per le convulsioni che lo accompagnano, accresce la distanza e la disistima della stragrande maggioranza dei cittadini nei confronti di chi guida i partiti e siede nelle Istituzioni.  Scriviamo, e io personalmente sostengo, tutto questo da anni (e mi meraviglia che qualcuno abbia provato a farci affermare più o meno il contrario...). La storia della cosiddetta Seconda Repubblica porta purtroppo i segni dei ribaltoni già realizzati o tentati, e sono cicatrici amare. (mt)
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