lunedì 1 ottobre 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Gentile direttore,
si è parlato tanto e giustamente dell’arroganza e dell’insensatezza delle offese all’islam e alle religioni di cui i Paesi occidentali si rendono colpevoli. Sarebbe interessante però se più spesso si mettesse in evidenza anche come esista una "rete" ormai collaudata che dai Paesi occidentali ricerca, pubblicizza ed esaspera questo tipo di situazioni. A volte deformandole del tutto come nel caso del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI (che credo nessuno o quasi nelle regioni a maggioranza musulmana abbia poi realmente letto...). E pensare che per almeno inquadrarne i contenuti di massima bastava qualche reminiscenza della filosofia studiata nei licei italiani... Questa "rete", a mio parere, si chiude non con le violenze di piazza in terre a maggioranza islamica, ma con l’effetto politico "di ritorno" su Europa e Stati Uniti d’America. La pochezza dei politici europei, interessati unicamente ai contratti energetici e al denaro, si presta bene assieme alle pastoie e ipocrisie di certo pensiero "liberale" e "politicamente corretto". C’è una regia? Non condividevo Oriana Fallaci per la sua violenza verbale e la nettezza con cui marchiava le persone, però circa questa dinamica le sue letture erano davvero lucide. Detto ciò, concordo sulla degenerazione del pensiero occidentale che ritiene le religioni liberamente offendibili. Che cosa ne pensa? E perché i media non ne parlano "a voce alta"?
Marco Bernardini
 
Dirigo un giornale, gentile signor Bernardini, che per tradizione e convinzione non strilla e grida, ma parla sempre "a voce alta" anche e soprattutto quando vengono messi in questione la persona umana e il bene fondamentale della libertà di credere e di pensare. Avvenire non si limita a difendere da insulti e violenze i cristiani, ma allarga lo sguardo a tutti. Proprio a tutti, anche ai non credenti o – come si usa dire oggi – ai diversamente credenti. Fianco a fianco con quanti – pur lontano dalla nostra fede e magari non del tutto vicino alla nostra visione dell’uomo e della donna – sono capaci di rispetto, di dialogo e di non solo formale unità sui grandi valori che fondano ogni civile convivenza. Ma, non sembri strano, fino a comprendere – senza giustificarli con miope irenismo – pure quelli che non vogliono comprenderci e sembrano indisponibili a un confronto serio, che si tratti di laicisti iperpolemici o di fanatici religiosi. Detto questo, penso anch’io che sia davvero una degenerazione del pensiero quella che ha condotto – in particolar modo nella "nostra" parte di mondo occidentale – a considerare «liberamente offendibili» le religioni e gli uomini e le donne di fede, cristianesimo e cristiani purtroppo più di tutti. So bene che non si tratta di una degenerazione nuova, e continuo a ritenere che non sia neppure irreversibile. Registro, infatti, anche qualche interessante inversione di tendenza. E giudico un campo di semina prezioso quello che chiamiamo "cortile dei gentili" e che il cardinal Ravasi nel suo servizio culturale alla Chiesa universale ha cominciato ad arare (e non in solitudine) stimolato dall’intuizione di Papa Benedetto. Penso anche che molto dipenda da "altri", ma moltissimo dai credenti e in special modo da noi cristiani, da noi cattolici. Dobbiamo avere buona vista e buon giudizio, e ovviamente una vita che aiuti a capire perché "con Dio cambia tutto". Dobbiamo ricordarci sempre, come dice ancora Papa Benedetto in una splendida risposta del suo libro-intervista "Luce del mondo", che la verità è «raggiungibile» e ogni persona ne è «capace», ma al tempo stesso che «noi non possediamo mai la verità, nel migliore dei casi è lei a possedere noi». Senza questa salda consapevolezza e questa lucida umiltà non si incontra Cristo e non può esistere rispetto neanche tra persone e culture.
Vorrei insomma dirle, caro amico lettore, che una "rete" ostile alla fede in Dio e al Dio di Gesù Cristo s’è oggettivamente intessuta, disfatta e ritessuta molte volte (seppure forse mai con l’ampiezza e la velocità che stiamo sperimentando), ma che ci sia o non ci sia, ciò che conta è che bisogna credere davvero per essere creduti. Tutto il resto, ma proprio tutto, viene di conseguenza e mai, comunque, in modo facile. Il cammino della Croce, persino quando lo percorriamo con luminosa allegria, non è stato, non è e non sarà facile. Sino alla fine del tempo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI