martedì 12 luglio 2011
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Come si fa a proporre una manovra finanziaria la cui parte più consistente è rinviata al 2013 e 2014, anni in cui non si sa da quali forze politiche il Paese sarà governato? Se il governo fosse stato guidato veramente dalla intenzione di dare credibilità al Paese sui mercati internazionali e non dal timore di perdere i consensi necessari per la riconferma alla guida del Paese nel 2013, avrebbe adottato i provvedimenti impopolari ma necessari nell’immediato, per porre le premesse per il risanamento dei conti pubblici dell’Italia. Le reazioni dei mercati sono la più lampante conferma della fondatezza dell’assunto. Si potrà, infatti, discutere sui contenuti delle misure, ma non sull’urgenza della loro adozione per un importo tale da garantire già nel 2012, con questo governo, gran parte del risanamento. Il guaio è che agire in questo modo sconsiderato, senza cercare un accordo con le opposizioni se non attraverso generici richiami al senso di responsabilità delle minoranze, sta causando danni più gravi della giustamente criticata gestione dei conti pubblici.

Giuseppe Barbanti, Venezia Mestre

Le manovre di aggiustamento dei nostri conti pubblici, caro signor Barbanti, non sono iniziate adesso e non finiranno nel 2014. Ora, siamo al cospetto di un’altra programmazione triennale, più dura ma simile a quelle che sono state fatte negli anni scorsi e che stanno già dispiegando i propri effetti. L’ultima di queste manovre, lo scorso anno, ha previsto e imposto tagli cospicui e sacrifici come sempre male accolti ma, poi, sopportati fin troppo bene da un sistema Paese che – in tanti settori, da parte di tante persone e della stragrande maggioranza delle famiglie – dà ben più di ciò che riceve da chi amministra la cosa pubblica.Certo, paradossalmente nulla è più ballerino dei numeri delle manovre finanziarie di casa nostra. Persino gli addetti ai lavori più attenti e preparati li citano con cautela. E anche per quanto riguarda i tre prossimi anni le "quantità" continuano a oscillare. Tuttavia, secondo proiezioni piuttosto attendibili, le manovre messe in cantiere dovrebbero stabilizzarsi secondo questo programma: 40 miliardi per il 2012 (tra vecchi e nuovi interventi), circa 48 per il 2013, attorno ai 20 per il 2014. Tutt’altro che una cura all’acqua di rose o solo rinviata al futuro. Vedremo tetti e articolazioni definitive, ma c’è ovviamente motivo per tenere gli occhi aperti.Una cosa mi preme, però, tornare a sottolineare. Trovo infatti che dalla sua lettera emerga, oltre a un comprensibile accento polemico, uno spirito seriamente positivo, quello proprio di chi ha l’idea di un «bene più grande e di tutti» (noi cattolici lo chiamiamo «bene comune») che va perseguito con chiarezza, tenacia e capacità di coinvolgere parti politiche e cittadini. Di questo – oggi ancora più di ieri e almeno quanto domani – c’è bisogno, anche per la vorace pressione esercitata contro l’Italia da quanti continuano a giocare e a speculare sulle nostre vere o presunte debolezze. Non è un appello figlio di una visione "consociativa", come si usa dire in modo dispregiativo, ma la riaffermazione di un dovere di responsabilità e di corresponsabilità, pur nella distinzione dei ruoli. Credo, perciò, e mi ripeto, che sarebbe importante dare seguito concreto alle buone intenzioni manifestate in tal senso da importanti voci di maggioranza e di opposizione. Così come credo, e anche questa è tutt’altro che una novità, che gli indispensabili risparmi debbano essere accompagnati da "investimenti" mirati. Il primo dei quali è e resta, a nostro giudizio, il ripensamento del sistema fiscale italiano secondo una logica finalmente amica della famiglia.

Marco Tarquinio

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