giovedì 26 luglio 2012
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Mentre alle Camere si svolge la discussione finalizzata a convertire in legge dello Stato il decreto del 6 luglio 2012 (la cosiddetta spending review), il mondo della scuola, nonostante le vacanze, è in fibrillazione per le novità che lo riguardano da vicino. E chiede, attraverso le diverse sigle sindacali (compatte tra di loro come da un po’ di tempo non le si vedeva), un supplemento di riflessione.Nelle scorse settimane, i media hanno presentato con una certa enfasi le innovazioni della spending review inerenti l’istruzione: iscrizioni agli istituti via internet, pagelle on-line, note e provvedimenti disciplinari spediti alle famiglie via e-mail, registri elettronici dei docenti. Spesso è accaduto negli anni che provvedimenti importanti (non diremo, come qualche commentatore si è espresso con un po’ di retorica, di portata epocale, ma certamente in questo caso molto significativi) si infilassero tra le pieghe delle leggi finanziarie. Quasi pensate dell’ultim’ora, apparentemente un po’ estemporanee, ma destinate ad avere un impatto non secondario sulla vita concreta di molte persone (qui gli insegnanti, gli studenti, i loro genitori).Certamente, questa improvvisa accelerazione (tutto dovrebbe partire già dal nuovo anno scolastico, a settembre, cioè tra un mese) significherà un ammodernamento di un ampio settore della vita pubblica, l’istruzione, e dunque dell’intero Paese. Un Paese, il nostro, in cui l’utilizzo degli strumenti informatici per le comunicazioni è ancora troppo poco sviluppato, soprattutto nel rapporto quotidiano tra Stato e cittadini. Dunque la conseguenza più apprezzabile non sarà, come si è detto, il risparmio di carta, con la conseguente maggiore attenzione all’ambiente. Certo, anche questo. Ma il punto vero è un altro: la svolta che il decreto del governo Monti imprime sulla strada della modernizzazione della nostra società civile.Tuttavia, affinché le cose funzionino come si auspica, non bisogna nascondersi le difficoltà concrete. Ad esempio, sostituire il registro cartaceo con un registro elettronico vuol dire dotare ogni classe e ogni docente di un computer. Chi frequenta quotidianamente le aule scolastiche sa invece che il numero di apparecchiature informatiche è molto basso.Bisogna perciò essere consapevoli che la strada indicata da Mario Monti e dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo sarà piuttosto impervia. Ciò che preoccupa è, in particolare, il comma 32 dell’articolo 7 del decreto, in cui si precisa che «all’attuazione delle disposizioni del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Tradotto: bisogna fare tutto senza spendere un euro. Ma questo non è possibile.Per attuare un cambiamento così importante, all’inizio occorrerà stanziare dei fondi adeguati, affinché ogni scuola possa acquistare ciò che le manca per attuare la prevista dematerializzazione della propria burocrazia. E – temiamo – si tratterebbe di un investimento piuttosto cospicuo. Occorre avere il coraggio di investire in innovazione, anche se siamo in tempi di ristrettezze. Bisogna pensarci per tempo, cioè subito, per evitare che a settembre gli istituti, lasciati a se stessi, piombino nel caos. Oppure che, semplicemente, nell’impossibilità di attuare quanto previsto dalla pur lodevole norma di legge, continuino come hanno sempre fatto, con carta e penna. Risultando inadempienti in relazione alle richieste del legislatore, ma soprattutto obsoleti rispetto a quella che è la direzione del progresso in ogni altro ambito della vita sociale.
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