Referendum, astenersi stavolta è una non scelta
martedì 4 ottobre 2016
Gentile direttore
l’avvicinarsi dell’ormai mitico referendum stimola a moltiplicare le iniziative per sollecitare l’attenzione degli elettori, evidentemente riottosi. Ciò che stupisce e che, a mio parere, alimenta il disinteresse dei più, è l’assenza di ogni accenno alla possibilità dell’astensione. L’attenzione è rivolta al Sì e al No, mai all’astensione, che è anch’essa una possibile scelta per gli elettori. Perché tale assurdo e assordante silenzio? Forse perché il referendum interessa più le sorti del governo che il rinnovamento della Repubblica?

Antonio Prezioso, Padova

Caro direttore,
pur senza negare la legittimità costituzionale dell’astensione referendaria è importante comprendere che il referendum del 4 dicembre è formalmente e sostanzialmente più carico di conseguenze rispetto a un qualsiasi quesito su caccia e pesca. Innanzitutto non c’è quorum. Tutti inoltre concordano che si tratta di modifiche profonde alla Costituzione della nostra Repubblica: un cambiamento necessario per i sostenitori del Sì e un peggioramento notevole secondo i sostenitori del No. Rimettendomi all’italica saggezza auspico che sia la maggioranza più ampia possibile degli elettori a decidere in merito.
Matteo Maria Martinoli, Milano

Due opinioni contrastanti sulla possibile astensione al referendum confermativo indetto sulla riforma di alcuni punti chiave della seconda parte della Costituzione, e una questione assai seria. Sulla quale è bene avere le idee chiare. Il 4 dicembre siamo chiamati non a un referendum abrogativo con quorum, ma a un altro tipo di consultazione popolare nella quale – come ricorda il lettore Martinoli – il quorum non c’è. Questo significa che dalle urne uscirà comunque un risultato vincolante e che coloro che non voteranno finiranno per delegare di fatto la ratifica o meno delle scelte del Parlamento a quanti, invece, voteranno. Pochi o tanti che siano. Insomma, è decisamente meglio dire la propria.
Marco Tarquinio

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