Quello spettacolare eterno senso del tifo
venerdì 17 dicembre 2021

Mosche e zanzare tormentavano gli spettatori che accorrevano per vedere le gare dei Giochi Olimpici e che facevano appositi sacrifici a Zeus, perché li liberasse da quel supplizio. Nonostante ciò, la passione per i Giochi era così grande, che ogni volta dalle quaranta alle cinquantamila persone si accalcavano nella piana di Olimpia. Insomma è proprio in quel mondo lì, dove è nato lo sport così come lo conosciamo, che nasce il rapporto indissolubile (fatto di gioie e di dolori) che lega gli sportivi ai loro tifosi. E nasce anche quel rapporto di identificazione, di amore (talvolta odio), fra un tifoso e il suo atleta-eroe.

Già, eroe. Perché esattamente come succede ai grandi personaggi dell’epica ogni eroe dello sport identifica un profilo in cui ci si può riconoscere. C’è chi preferisce l’iracondo e (quasi) invincibile Achille, chi il perdente di successo Ettore, chi l’astuto Ulisse, chi ancora l’antieroe Tersìte. Una volta che il tifoso decide per chi farà il tifo difenderà la sua scelta in maniera aprioristica e tendenzialmente irrazionale. Viviamo in un mondo in cui si può dire tutto e il suo contrario, ma la tua squadra del cuore, oppure la scelta che farai fra Coppi e Bartali, Federer e Nadal, Messi e Cristiano Ronaldo non la cambierai mai, alimentando la necessità di un duello e di un processo di identificazione che supera il limite della ragione. Tanto più è definita la diade agonista-antagonista tanto più l’identificazione del tifoso con il suo eroe sarà intensa. Spesso i protagonisti del 'duello' diventano rappresentazione di vere e proprie categorie dello spirito.

Per esempio nel duello fra Messi e Cristiano Ronaldo è molto evidente la polarizzazione: da una parte il talento puro, il fisico gracile, l’intelligenza istintiva; dall’altra il fisico costruito, la quantità ossessiva di allenamento, la volontà di ferro. Certamente si rivolgono a tipologie di tifosi (o forse a communities) abbastanza diverse fra di loro. «Per lo spettatore dell’evento sportivo – scrive il semiologo Roland Barthes – guardare non è soltanto vivere, soffrire, sperare, ma anche e soprattutto esprimere i propri sentimenti ». Insomma la dinamica è come quella del teatro, ma con una differenza. Nello show sportivo lo spettatore è parte dello spettacolo stesso. Il tifo, le coreografie, fanno sì che chi tifa giochi un vero e proprio ruolo, complementare a quello dei protagonisti sul campo. Tutte le forme d’arte vivono della loro capacità di sollecitare le emozioni dei propri spettatori, ma lo sport permette al suo pubblico di entrare a pieno titolo nello show. D’altronde avete mai visto due persone abbracciarsi di fronte alla Gioconda o un gruppo di amici urlare dalla gioia leggendo una pagina di Gabriel Garcia Márquez? C’è qualcosa di razionale in tutto ciò? No, è questa la meraviglia dello sport.

Domenica, quell’epico ultimo giro del Gran premio di Abu Dhabi di Formula 1 ha rispettato i canoni classici: come nell’Iliade tutti i mille protagonisti a un certo punto si sono scansati e alla fine, di fronte a un’impressionante muraglia di tifosi vestiti d’arancione, sono rimasti in due: Ettore contro Achille sui loro carri da mille cavalli, fino all’ultima curva.

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