mercoledì 26 settembre 2012
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Via dell’Amore, un chilometro di passeggiata mozzafiato nel parco delle Cinque Terre, uno dei luoghi più belli del mondo, paradisiaco fin dai tempi del Grand Tour, quando non esisteva il turismo di massa e grandi poeti, filosofi, scrittori nordeuropei partivano alla volta dell’Italia e delle sue meraviglie. Un blocco di tre metri cubici si è staccato, ha ferito quattro persone, non è avvenuta una strage solo perché la frana ha avuto luogo verso le dieci del mattino, prima dell’afflusso dei turisti. Noi non conosciamo con precisione le condizioni del terreno, e non possiamo, prima dello svolgimento delle indagini, attribuire il fatto a responsabilità umane. Ma sappiamo per certo che l’Italia frana e si sgretola, in un crescendo esponenziale, come un anno fa le splendide Cinque Terre (assieme ad altri luoghi della Liguria e della Lunigiana). Sappiamo che, senza entrare nel dettaglio di quest’ultimo episodio, ma certo autorizzati a pensare in senso generale, il nostro Paese non fa nulla per prevenire frane, terremoti, disastri, allagamenti. Che l’edificazione scriteriata e la mancanza di provvedimenti di tutela e prevenzione sono un fatto certo, abituale, direi tradizionale. Oltre a noti difetti della classe politica e dirigente, e al senso civico che non accomuna esattamente tutti noi italiani, credo che la causa primaria di questa realtà sia un originale senso di sufficienza. Nei confronti della bellezza: ne siamo immersi, ci siamo nati. Non la vediamo nemmeno più, come il ricco non vede il proprio denaro e l’uomo sano non si rende conto di esserlo se non quando si ammala. Siamo saturi, sazi di bellezza, nel paesaggio e nell’arte. Simili a una donna splendida, così tranquilla della propria bellezza da non avere alcuna attenzione al mangiare e al bere, al fumare, alle ore di sonno, sentendo il proprio dono immortale come quello di Venere. Tranne poi ritrovarsi precocemente disfatta. L’Italia frana e si sfarina, si sgretola, le istituzioni, dopo i compianti rituali, non si preoccupano. Quando dovrebbero spaventarsi. E evidentemente i cittadini non si scandalizzano. Un senso di sufficienza, ripeto, di abitudine alla bellezza che il mondo ammira e per cui il mondo ci ammira. Finché non si stuferà di ammirarci e comincerà a sgridarci, come monelli incoscienti. Forse tanti italiani pensano che Pompei rinasca da sola, come dicevano i bambini della coda delle lucertole, o che il Colosseo (e meno male che si sta correndo ai ripari) si mantenga nutrendosi dalle fondamenta, come un albero dalle radici. Come ho già detto, attualmente non sappiamo se la frana che ha colpito le già martoriate Cinque Terre fosse fatale o evitabile con una diversa conservazione del suolo, e una specifica prevenzione. Sappiamo che è l’ennesima calamità (frana, crollo, alluvione, sisma), che sgretola, sotto una sostanziale indifferenza, il volto del Paese, diciamola tutta, più bello del mondo. Anche la Chiesa italiana, nel documento per la Giornata del creato di quest’anno, ha sottolineato la necessità di amore per la terra. Qualunque sia la causa precisa, la frana di lunedì assume un significato preciso, e si rivela una metafora inquietante: trascurando, disprezzando la terra e il paesaggio, hanno distrutto la Via dell’Amore. A uccidere la strada che porta all’Amore non è stato un nemico dichiarato e armato. È stata l’indifferenza l’apatia. L’indifferenza è il vero, irriducibile nemico dell’Amore. 
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