Venerdì mattina il
Giornale ha raccontato sulla prima pagina dell’inserto milanese, ai suoi lettori ovviamente milanesi, della grande festa della fede cristiana che ha riunito a San Siro cinquantamila persone per l’incontro tra i cresimandi e l’Arcivescovo di Milano. Milano è grande, ma per quanto grande sia le cose importanti si sanno, e le notizie non possono essere trasformate facilmente nel loro contrario.Dunque, ecco spiegato anche sul
Giornale – come su
Avvenire – che il cardinale Dionigi Tettamanzi, incontrando i ragazzi, «ha tenuto il discorso 'Capolavori di Dio, plasmati dallo Spirito' incentrato sul racconto evangelico del Buon Samaritano». Testuale.Perché racconto ai lettori di
Avvenire quello che sanno già? Per sottoporre loro un nuovo stordente caso di capovolgimento e mistificazione della realtà gabellato per esercizio della professione giornalistica e del diritto di critica. Già, perché ieri mattina gli stessi lettori della medesima testata, ma in prima pagina e in edizione nazionale, hanno avuto il bis di un recente e incredibile attacco contro l’arcivescovo sferrato da una firma di peso.Qualche giorno fa il direttore in persona, Alessandro Sallusti, stavolta (e – posso dirlo? – inaspettatamente) un ex direttore spesso veemente nella polemica, ma mai sguaiato, come Mario Giordano. Fatto sta che l’incontro dei cresimandi con il "loro" cardinale è diventato l’argomento centrale di una livorosa e a tratti letteralmente insolente ricostruzione che lo ha sfigurato in comizio politico, nel quale il rosso della porpora e quello delle bandiere comuniste si sarebbero fusi e confusi, e in culmine di un magistero presentato addirittura come nemico della fede cattolica. Una pagina di insensata enormità polemica, che potrebbe risultare ridicola se non esibisse una tragica e tristissima maliziosità. Resa ancor più palese dal motivo di quella sventagliata di falsità. Che risiederebbe nelle parole con le quali, a margine della festa, il Pastore della Chiesa ambrosiana aveva risposto a chi gli aveva chiesto della folla scesa in piazza per l’elezione a sindaco di Milano di Giuliano Pisapia.Aveva detto il cardinal Tettamanzi che «la gente in piazza non dovrebbe essere un’eccezione, ma la normalità» per «parlare» e «partecipare» alla vita della società. E aveva aggiunto – richiamando all’alba della nuova amministrazione milanese un appello lanciato a più riprese durante quelle precedenti – un invito alle istituzioni civili a «saper ascoltare» e a «entrare nel vivo dei problemi» in rapporto positivo con una società che «deve essere di stimolo con le sue istanze, le sue speranze e le sue risorse». Un discorso allarmante, certo. In senso letterale, perché teso a mobilitare tutti per il bene comune e a chiamare, ancora una volta, alla vita buona e alla buona amministrazione.Poco prima, l’arcivescovo aveva chiuso l’incontro con i ragazzi prossimi alla Cresima suggerendo loro di meditare la pagina evangelica del Buon Samaritano sino a scoprirci dentro il «segreto della gioia». Potrebbe essere una buona e saggia riflessione anche per chi scrive sui giornali, e soprattutto sul
Giornale, come se ogni volta partisse pieno d’ira per una guerra più che mai senza senso. Con la stessa pesantezza sul cuore e le stesse tenebre nello sguardo, senza capire più la realtà di cui pure si erge a paradossale paladino, dimostrandosi incapace di ascoltare e capire chi gli è cristianamente padre e maestro e finendo per perdere, con quello per la verità, anche il rispetto per se stesso.