sabato 17 ottobre 2015
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Caro direttore,
davvero commovente l’episodio del bambino che, alla Prima Comunione, divide la particola con i genitori divorziati risposati. Ma bisogna saper riflettere anche sulle emozioni. Chi ha preparato quel bambino alla Prima Comunione? Gli è stato spiegato bene che la particola consacrata è il Corpo glorioso di Cristo e non è a disposizione di chi la riceve? Gli è stato fatto capire che ci si può accostare all’Eucaristia solo a determinate condizioni? Temo che la commozione (anche da me condivisa) contribuisca a confondere il dibattito sui divorziati risposati declassando l’Eucaristia a rituale familiare e sociale, anziché accesso all’intimità con Dio. Non è un diritto ricevere l’Eucaristia quando non se ne hanno le condizioni stabilite dalla Chiesa: i genitori di quel bambino continuano a essere Chiesa anche senza Eucaristia, e la grazia (anzi, l’Autore della Grazia) che il bambino riceve si effonde anche su di loro.
Cesare Cavalleri
Come te, caro Cesare, sono convinto anch’io che tantissimi abbiano condiviso la commozione dei Padri sinodali davanti al racconto del gesto del bimbo che, di slancio, ha condiviso la sua Prima Comunione con il papà e la mamma divorziati. A mio parere è una piccola grande parabola dei nostri tempi, che un padre sinodale ha saputo offrire alla meditazione di tutti gli altri, interrogando la loro sapienza e toccando, inevitabilmente, il loro cuore. E arrivando, provvidenzialmente, fuori dall’aula del Sinodo. Così, a me – che sapiente non sono, ma che come tutti ho cuore e testa – è venuto subito in mente che la grazia di questa storia sta prima di tutto nella crescita nella fede di quel bambino. Un cammino che certo non è finito e – annoti tu – non è perfetto, ma che poteva essersi interrotto a causa della "rottura" della sua famiglia o poteva non essere affatto cominciato come accade a sempre più bambini e ragazzi che sperimentano condizioni familiari analoghe. Il secondo povero pensiero è conseguenza del primo: quel bimbo ha incontrato Cristo Eucaristia e, nel giorno in cui questo è avvenuto con più verità e solennità, ha voluto che gli fossero pienamente accanto coloro che l’hanno generato, sua mamma e suo papà. Mi pare che quel figlio stia avendo comunque buoni maestri e che lo accompagnino genitori comunque buoni, perché con un gesto imprevedibilmente profondo ha saputo dire la verità della presenza di Cristo nella sua vita e la verità delle presenze più decisive (la mamma e il papà) per la sua vita. Di più non so, ma so che anche solo questo basta a fare riflettere, oltre ogni commozione. Tu, caro amico, aggiungi altri spunti e richiami punti fermi. Li conosco, li tengo cari, e aspetto la luce che su di essi getterà il Sinodo, cum Petro e sub Petro. Ma già credo di poter dire che in questa vicenda non ci sono "diritti" accampati o da accampare, perché al centro di tutto c’è solo l’incontro con Gesù, il Suo sacrificio per coloro che erano persi e il Suo abbraccio per tutti. L’evento che da duemila anni continua a fondare la Chiesa e la nostra speranza.
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