Boschi in fiamme: non-prevenzione e altri nodi
mercoledì 12 luglio 2017

Ci sono sette zeri e una recente legge, pensata male e applicata peggio, dietro l’emergenza incendi che sta devastando il Paese, soprattutto (ma non solo) al Sud, come non accadeva almeno da tredici anni. Fatti che facilitano l’opera criminale degli incendiari. Gli zeri si riferiscono ai mezzi aerei messi in campo da sette regioni: Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Puglia, Sicilia e Umbria. Lo si può leggere in una tabella, aggiornata a ieri, sul sito del Dipartimento nazionale della Protezione civile. La legge è il decreto legislativo n.177 del 2016 che ha eliminato il Corpo forestale dello Stato, non solo i 'poliziotti dei boschi' ma soprattutto i maggiori esperti di incendi boschivi. Due fatti nuovi che cadono in un anno particolarmente caldo e secco, con precipitazioni invernali molto scarse e alte temperature estive.

Uno degli effetti dei mutamenti climatici, purtroppo ampiamente annunciati dagli scienziati. Insomma, tutto questo non è una sorpresa. Lo aveva detto con cruda chiarezza il capo del Dipartimento, Fabrizio Curcio, in un incontro con le Regioni il 18 maggio. Dunque per tempo, ma già con preciso allarme: «Invito tutti a non abbassare la guardia, a tenere alta l’attenzione sul rischio incendi boschivi e chiedo a tutte le Regioni che ancora non lo hanno fatto di dotarsi di una propria flotta (aerea)». E poi aveva sottolineato: «Questo è un anno particolare per il quadro normativo nuovo e complesso» (la norma che abbiamo ricordato) che impone «una profonda riorganizzazione a tutti i livelli dell’utilizzo delle risorse, delle procedure e della filiera delle responsabilità». Che invece è andata a rilento.

Pochi uomini della Forestale sono transitati nei Vigili del fuoco, gli elicotteri passati ai Carabinieri sono poco utilizzati (negli scorsi anni operavano in convenzione con alcune Regioni), ma soprattutto si corre il rischio di (dis)perdere conoscenze, competenze, professionalità. Una situazione che già due mesi fa era da allarme rosso. Infatti, tra febbraio e aprile le Regioni avevano chiesto l’intervento della flotta area antincendio nazionale ben 111 volte contro 72 del 2016 e 55 del 2015. E dal 15 giugno a oggi sono stati 430, dato mai visto da dieci anni. Una situazione da superlavoro, malgrado la flotta sia quest’anno aumentata, e sia ormai la più numerosa d’Europa. Ma questo non basta, se tutti non fanno il loro. Soprattutto in un anno così secco e caldo, soprattutto mentre è ancora in corso una delle più grandi emergenze della storia italiana, quella del terremoto dell’Italia centrale che impegna uomini, mezzi, risorse. Ma il terremoto non sai quando arriva, mentre per gli incendi la previsione è possibile.

Gli incendiari sanno bene quando e dove appiccare, ma lo possono sapere anche gli uomini che li contrastano. Ed è quindi colpevole non mettere in campo tutto ciò che è necessario. Lo aveva ricordato anche il premier Paolo Gentiloni nelle annuali 'Raccomandazioni' inviate ai presidenti delle Regioni il 13 giugno. «Si auspica che le SS.LL. abbiano provveduto a organizzare i propri sistemi regionali antincendio boschivo, in termini di risorse umane e di mezzi terrestri e aerei, nell’ottica della maggior efficienza possibile al fine di garantire adeguati livelli di risposta».

Ma, aveva aggiunto il presidente del Consiglio, «è inoltre rilevante che anche i dispositivi di prevenzione, di controllo e di monitoraggio continuo del territorio siano ben pianificati e realizzati perché consentono da una parte di ridurre gli inneschi degli incendi e dall’altra permettono alle squadre di spegnimento da terra di effettuare interventi quanto più tempestivi possibili». Parole da condividere completamente. Gli aerei servono, ma quando intervengono ormai il danno è fatto. Serve operare prima, come per tutte le emergenze, come per il dissesto idrogeologico che, purtroppo, dopo la distruzione operata dalle fiamme sarà ancor più grave. Stato, Regioni, Comuni, volontariato, nessuno escluso.

È la sussidiarietà dell’emergenza e della prevenzione. Serve la cura dei nostri boschi, soprattutto di quelli nuovi che stanno rioccupando il terreno agricolo abbandonato. Serve riprendere con forza la lotta agli scarichi illegali dei rifiuti e ai roghi tossici, passata purtroppo in secondo ordine e ne vediamo le drammatiche conseguenze nel Parco nazionale del Vesuvio dove bruciano discariche e aree boschive. Serve sempre più una seria e concreta politica ambientale, sostenuta da quella cultura del rispetto del Creato cui ci richiama ripetutamente papa Francesco. Le fiamme di questa torrida estate ce lo ricordano. Ma lo si sapeva da tempo. Colpevole è stato farsi trovare impreparati.

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