domenica 20 aprile 2025
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È giusto che i calciatori coinvolti nella recente inchiesta sulle scommesse illegali siano convocati in Nazionale? Il tema è piuttosto dibattuto in questi giorni e si è espresso in proposito anche il ministro dello Sport, Andrea Abodi. Interrogato sulla questione all’uscita da un’assemblea sul calcio femminile in Figc, ha chiarito che per come la vede lui «la maglia azzurra è un onore» e per questo a vestirla devono essere «i migliori, non soltanto nel comportamento sportivo, ma nel comportamento in generale».

Non c’è molto spazio per interpretazioni: se fosse per il ministro, i vari Fagioli, Tonali e compagni non dovrebbero trovare posto tra gli azzurri, che sono un esempio per i tanti ragazzi innamorati del pallone in questo Paese. Dentro e fuori dal campo, appunto. In linea di principio la posizione potrebbe anche essere condivisa da questo giornale, che si è sempre battuto contro la piaga della ludopatia, che sostiene le associazioni impegnate ogni giorno su questo fronte e che non ha mai pubblicizzato (e mai lo farà) alcuna forma di gioco d’azzardo.

È strano, però, che la bacchettata arrivi da chi ha recentemente sostenuto la risoluzione sulla riforma del calcio presentata da Fratelli d’Italia e approvata il mese scorso dalla commissione Cultura del Senato. Un testo che prevede lo stop al divieto di sponsorizzazione da parte delle società di betting introdotto dal decreto dignità. E che quindi favorisce il progressivo smantellamento dell’impianto di contrasto alla ludopatia concepito dal provvedimento bandiera del Movimento 5 stelle.

Abodi ha già chiarito di avere «un’idea leggermente diversa dai pentastellati su come contrastare le scommesse illegali», pur assicurando di avere il medesimo obiettivo. Forse ritiene che impedire a un giovane che ha sbagliato di riscattarsi sul campo, magari indossando la maglia della nazionale, possa in qualche modo contribuire a diminuire il ricorso al gioco online. Ma non ha evidentemente problemi ad accettare che quello stesso ragazzo scenda in campo per il suo club portando sul petto il nome di un sito di scommesse. Perché è questo il paradosso a cui la “punizione” da lui proposta potrebbe portare: colpevolizzare il singolo privandolo di un sogno, ma consentire a tutto il sistema calcio di fare i soldi con le sponsorizzazioni delle società di betting. Ma se è vero che la ludopatia è una patologia, e lo è, a che serve punire un ragazzo che sta già provando a lottare contro i suoi demoni, ferendone la dignità e affibbiandogli l’etichetta di sportivo “non morale”? Sicuramente Abodi farà tutto quello che è in suo potere per contribuire a limitare i danni dell’azzardo, visto che lo ha promesso, ma forse questo non è esattamente il modo migliore per iniziare a farlo.

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