domenica 23 febbraio 2014
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Caro direttore,
sono una volontaria della parrocchia di san Giuseppe Innografo di Augusta. Anche qui, come è noto, ormai da tanti mesi assistiamo a continui sbarchi di poveri profughi che giungono stremati alle nostre coste. Sono tanti i miei concittadini che, volontariamente e non senza sacrifici si danno da fare per accoglierli. Qualche giorno fa anche io ho sentito il desiderio di dare il mio contributo, avendo saputo che un cospicuo numero di minori si trovava 'alloggiato' presso una struttura sportiva cittadina, che ho scoperto, però, essere assolutamente inadeguata. La situazione, infatti, mi è subito apparsa nella sua tragicità. Cerco di spiegarmi, secondo quello che ho visto e ho capito: la Marina Militare, come prevede l’operazione Mare Nostrum, accoglie nelle sue navi queste povere persone e le conduce al porto di Augusta. Da qui i minori (non so per quale legge) non si possono più spostare. Mi pare importante, a questo punto, aggiungere un’informazione: il nostro è un Comune commissariato, amministrato malissimo durante gli ultimi venti anni e con un degrado sociale, ambientale e culturale notevole (lo dico con molto rammarico!). Comunque, tornando a ciò che ci interessa, in questo momento i ragazzi sono circa un centinaio, o, forse, di più, non lo so di preciso. L’assistenza igienico-sanitaria non mi è sembrata per niente adeguata, direi anzi che si può e si deve definirla disumana. La struttura sportiva viene contemporaneamente usata da ragazzi augustani che si allenano per il campionato (e questa è l’unica possibilità offerta dal Comune per fare sport a un certo livello). E mentre vedo i volontari sacrificarsi e mettere a rischio la loro salute per aiutare questi giovani e farli sentire meno abbandonati (cosa che non è da tutti: io stessa, a queste condizioni, ho deciso di limitare la mia partecipazione) sento forte la solitudine a cui le istituzioni, il Comune, lo Stato, l’Europa o non so chi altri condanna non solo i profughi, ma anche chi ha nel cuore il forte desiderio di accoglierli. Inoltre, adesso, qui c’è anche il timore che la popolazione, stanca dell’assenza totale delle istituzioni, possa reagire.
Cinzia Coronella, Augusta (Sr)
 
Abbiamo raccontato giusto ieri, cara signora Cinzia, la storia dei cosiddetti «respingimenti differiti», cioè dell’abbandono letteralmente per strada, nello stesso spicchio di Sicilia dal quale mi scrive, di migranti arrivati per mare e tratti in salvo dalla nostra flotta militare. Persone che non hanno presentato domanda di asilo (magari perché non intendono restare in Italia, ma vorrebbero raggiungere familiari che vivono in altri Stati europei, e le regole Ue ancora oggi prevedono che là dove ci si dichiara richiedenti asilo poi si deve restare...). Persone che si ritrovano abbandonate, senza mezzi e senz’altra 'carta' che un perentorio invito a lasciare il Paese dal posto di frontiera aereo di Fiumicino: centinaia e centinaia di teorici e concretissimi chilometri incredibilmente da fare, e in cui probabilmente perdersi... Persone condannate ad 'arrangiarsi' e che purtroppo quando la rete solidale delle Caritas e delle associazioni solidali non riesce a ovviare, finiscono in più di un caso per essere afferrate dai tentacoli di una delle piovre che prosperano in quelle pozzanghere nere della marginalità e dell’illegalità che in Italia contrastiamo con enorme fatica e lasciamo moltiplicare con leggera e indifferente sufficienza.
Lei, gentile amica, oggi ci racconta da Augusta un’altra storia 'forte', che a quella assurda dei «respingimenti differiti» è parallela e complementare. Una vicenda, purtroppo, non nuova né isolata, di ragazzi immigrati in Italia al di fuori delle regole, che per la loro condizione (ufficialmente portano l’etichetta di «minori non accompagnati») ottengono un formale riconoscimento di speciale attenzione e che, nei fatti, si ritrovano molto spesso inchiodati a una precarietà senza prospettive e senza umana dignità. Ragazzi che, qualche volta, come nel caso che lei tratteggia, finiscono ospiti di una qualche struttura impropria e casualmente destinata 'anche' a loro. E tirano avanti, soprattutto grazie al coraggioso impegno di sarcerdoti, religiose e religiosi, volontari cattolici e laici.
Questa sua lettera è un utilissimo pro-memoria al governo Renzi che s’è appena insediato. Il governo Letta ha avuto il coraggio – con l’operazione Mare Nostrum – di fermare le stragi (viste o non viste) nel 'braccio di mare della disperazione' che separa le coste nordafricane da quelle italiane ed europee. E ha aperto una sacrosanta vertenza in sede Ue per correggere le storture di un euro-approccio burocratico e cieco al decisivo tema del 'governo' delle migrazioni per motivi umanitari ed economici. Entro il prossimo giugno, si dovrebbe arrivare a un nuovo quadro normativo e operativo. Questo calendario, nonostante le resistenze di taluni Paesi partner, va rispettato. Ma intanto, qui e ora, bisogna saper aprire gli occhi sulle persone, anche giovanissime, che arrivano o transitano tra noi e che trattiamo come 'relitti' se non proprio come 'delitti'. Possono Istituzioni davvero civili continuare ad abbandonare a se stessi 'problemi' che sono in realtà uomini e donne, a volte poco più che bambini? Possono continuare a rendere durissimo persino l’impegno di solidarietà di chi, volontariamente, riscatta i vuoti di sguardo e di azione pubblica? Credo che ci sia un prologo essenziale a qualsiasi opportuno e saggio discorso sul gran tema della cittadinanza ai «nuovi italiani»: dimostrare che questo Paese è una «città» della quale si può essere cittadini perché è retta da una legalità viva, cioè da regole salde e giuste, applicate con scrupolo e umanità vera.
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