sabato 4 gennaio 2014
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Dovrebbe essere valutata, in linea di principio, come una prima positiva novità del neonato 2014 l’accelerazione del dibattito sulle riforme, impressa subito all’indomani di Capodanno dal leader democratico Matteo Renzi. Una sferzata ai ritmi compassati e persino indisponenti della nostra politica, purché seguita da comportamenti coerenti e responsabili, può in effetti essere accolta come un contributo salutare, indipendentemente da chi venga assestata, certamente significativa se arriva dal capo del partito di maggior peso parlamentare. Tanto più che il Paese sta vivendo una fase cruciale, caratterizzata da segnali incoraggianti ma ancora sottili sul terreno economico, mentre resta pressoché intatta la pesantezza accumulata in cinque anni di crisi ininterrotta sul terreno sociale e occupazionale.Si può dunque immaginare che i prossimi 12–15 mesi saranno decisivi per il nostro futuro. Per cui ben vengano gli inviti  e gli impegni, come quello ribaditio ieri da Enrico Letta, a passare il prima possibile all’azione, individuando le giuste priorità da perseguire e indicando anche una sequenza temporale di adempimenti realistica ed esaustiva. Ma il punto è proprio la selezione di tali priorità. E la condizione è che questa scelta sia il frutto di un discernimento sereno e oggettivo su quanto è davvero urgente e indispensabile fare. Accanto al filone, certo irrinunciabile, del riequilibrio dell’impianto istituzionale (e alle regole elettorali a esso collegate), rimane in assoluto come prima emergenza per l’azione legislativa e di governo la ricerca dei mezzi per dare sostegno al sistema produttivo e al reddito. Gli indicatori economici confermano che il punto più basso della discesa è alle nostre spalle, ma la risalita non è per nulla scontata. Tanto meno lo è la velocità della ripresa che tutti ci auguriamo consistente e rapida. Oltre alle misure già inserite nella legge di stabilità da poco approvata, servono senz’altro nuovi impulsi per irrobustirla.Ma dove e verso chi vanno indirizzati? Lavoro e famiglia sono il binomio dal quale, senza ombra di dubbio, non si può prescindere. La mancanza di un’occupazione dignitosa rimane il principale fattore di incertezza per quasi un giovane su due, quello che rende impossibile immaginare la costruzione di un futuro individuale e che finisce per condizionare l’umore complessivo del Paese Al tempo stesso, nessuno più ormai nega che senza la tenuta delle famiglie italiane, senza la rete di solidarietà interna fondata sui legami tra le generazioni, il peso inflitto dalla crisi apertasi nel 2008 sarebbe stato intollerabile e la sofferenza sociale avrebbe toccato ben altri livelli rispetto a quelli, pur acuti, fin qui sperimentati. Occorre pertanto che sia prima di tutto e più di tutti la famiglia la destinataria dei prossimi interventi da compiere. E in particolare che si mettano in campo nuovi e più equi criteri di imposizione e maggiori agevolazioni per i nuclei con figli. L’obiezione sui limiti delle risorse disponibili è comprensibile e fondata, ma già dare con chiarezza l’indicazione di una tendenza nuova, di un effettivo rovesciamento dell’andazzo seguito in questi ultimi decenni, avrebbe conseguenze positive, sia in concreto sia sotto il profilo psicologico.In questa prospettiva, davvero non si riesce a comprendere la volontà di equiparare (per qualcuno addirittura di anteporre) a tali questioni quella del riconoscimento delle unioni di fatto, a cominciare da quelle tra persone dello stesso sesso.Nel quadro emergenziale che tuttora ci troviamo a fronteggiare, mettere una simile rivendicazione sullo stesso piano delle urgenze fin qui richiamate somiglia, nelle migliore delle ipotesi, a una stravagante divagazione. Peggio sarebbe, poi, se si finisse per condizionare il raggiungimento di un accordo complessivo tra le forze politiche a una sorta di diktat sulle coppie gay. L’interesse generale, in questo momento, richiede di essere perseguito non sulla base della capacità di pressione delle singole lobby, ma guardando con serenità e senso della giustizia a chi davvero ha più bisogno e a chi più paga il prezzo della crisi.
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