giovedì 6 gennaio 2011
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Il mondo è appeso a un silos: dopo l’allarme Fao sui prezzi delle materie prime alimentari tutti cercano di capire se questa volta "terranno" gli stock di cereali ricostituiti dopo la crisi di tre anni fa.L’organizzazione internazionale ha parlato inequivocabilmente di «allarme» rendendo noto che l’indice ha superato il record del 2008. Insomma, siamo in zona rossa, con una differenza. All’acme della grande crisi, come si ricorderà, la febbre dei listini scatenò proteste e disordini ovunque, da Haiti al Senegal, senza risparmiare il vicino Egitto. I Paesi produttori di cereali reagirono istericamente, bloccando le esportazioni, e l’Europa, per la prima volta dal dopoguerra, tornò a porsi il problema dell’autosufficienza alimentare: non successe nulla di paragonabile ai Paesi in via di sviluppo, certo, ma le massaie britanniche fecero incetta di pudding e a Bruxelles qualcuno disse che l’ora delle quote latte era segnata. Questa volta, invece, nessuna rivolta del pane, come se di farina ce ne fosse ancora per tutti.Eppure i rialzi del frumento, mese dopo mese, si possono spiegare solo con una domanda più robusta dell’offerta. E allora? Allora, cominciamo col dire che, rispetto a tre anni fa, le statistiche non sono univoche. All’indice febbricitante dell’organizzazione internazionale per la nutrizione dei popoli, la Coldiretti replica facendo notare che le quotazioni di frumento, mais e riso sono ancora al di sotto dei livelli 2008 anche se il valore del grano è cresciuto insieme ai tassi d’interesse cinesi... Alla Fao, tuttavia, non si abbassa la guardia. Colpa del dollaro troppo debole e del petrolio troppo forte. Nelle analisi, il timore che covi sotto la cenere una nuova fiammata speculativa, tale da riportarci al 2007/2008 con il tristemente noto corollario di fame e disordini, si intreccia con quello di una tendenza rialzista di lungo periodo, sostenuta dal costo dei fattori di produzione, in testa noli marittimi e agrochimica, entrambi saldamente agganciati al corso del brent.Chi non crede in una nuova "bolla" sono invece i grandi gruppi agroalimentari che pregustano nuovi profitti, convinti che il rally continuerà, ma al riparo dalla speculazione finanziaria. Quest’ultima non prescinde mai dai dati e quelli dell’International Grains Council dicono che gli stock mondiali di cereali, dopo essere cresciuti per due anni, oggi sono ampiamente in grado di colmare il deficit atteso nella campagna 2010/2011. Secondo questa visione delle cose, il caroprezzi rientrerebbe nell’andamento fisiologico – la famosa "altalena" – con cui il mercato agricolo mondiale risponde ai mutamenti del clima nei granai del mondo.Rassicurazioni che non cancellano la sensazione di trovarsi sull’ottovolante. La crisi del 2008, del resto, ci ha insegnato che i prezzi dei prodotti della terra sono ormai strutturalmente "volatili" – il termine richiama curiosamente quello stesso cielo che ci regala siccità e alluvioni – e per quanto noi europei, educati a decenni di Pac e dazi doganali, di tanto in tanto indulgiamo alla nostalgia, la globalizzazione dei mercati ci ha già cambiati: anche in Italia i contratti di compravendita dei cereali sono sempre più brevi e l’Unione europea si prepara a introdurre nuove assicurazioni per le aziende agricole contro il rischio volatilità dei prezzi. Come si fa con la grandine.
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