lunedì 12 settembre 2011
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Ci sono voluti nove anni per ricostruire le Torri Gemelle. Ci hanno lavorato giorno per giorno, dall’11 settembre del 2002, decine di ragazzi ed educatori, impegnati da quel primo anniversario a cercare sui giornali italiani (e non solo) un evento positivo, una notizia di bene, un annuncio di vita. Non è stato facile – morte e dolore «fanno più notizia» – ma ogni volta che ne trovavano uno lo conservavano, e raccoglievano un sasso. Per fermare la memoria. Per dare un peso alle parole.È così che, nel giardino della Cooperativa Arcobaleno di Feltre, Belluno, quel cumulo di bene con il tempo cresceva: ogni buona azione compiuta nel mondo diventava la pietra che i giovani della comunità (tutti minori strappati a esperienze di profondo dolore) andavano ad aggiungere.Duemilaottocentodiciannove sassi, uno per ogni vittima dell’attentato dell’11 settembre. Tante le morti, tante le risposte di vita. Secondo un’equazione per cui il male compiuto dagli uomini nel mondo può essere azzerato solo da altrettanto bene: ogni odio da un atto d’amore, ogni vendetta da un perdono, ogni omicidio da una nascita, ogni furto da un dono. Duemilaottocentodiciannove pietre miliari che risarciscono il mondo e riabilitano il genere umano. Proprio con queste nei giorni scorsi a Feltre è stata eretta la prima delle Twin Towers. La seconda è in vetro trasparente fuso dai ragazzi, ed è alta duemilaottocentodiciannove millimetri: in essa saranno sigillate per sempre le altrettante pagine di giornale e di buone notizie, insieme ai frammenti delle Torri Gemelle giunti dieci anni fa da New York e finora conservati nel vicino Museo dei Sogni, della Memoria e della Coscienza.Simbologia, certo, ma terribilmente concreta. Per credere alla quale, occorre prima credere nel contagio del bene e in quella equazione che ci costringe tutti a fare i conti con la nostra coscienza collettiva. E allora il pensiero galoppa e si ferma sui tanti Ground Zero del cui sangue è intriso il nostro piccolo pianeta. Sui trecentotrenta della scuola di Beslan, ad esempio, assassinati il 3 settembre del 2004 durante la festa per l’inizio delle lezioni: centottantasei di loro erano bambini tra i cinque e i dieci anni. Ci vorrebbero altrettanti fatti d’amore – pensiamo –, non occorrono eroismi, basterebbe poco, la coerenza nel quotidiano, fare il proprio mestiere (qualunque sia) con onestà, rinunciare a una menzogna, cercare per primi la mano del proprio "nemico", dire un sì anziché un no.O il pensiero vola ancora in Ruanda, dove bastarono cento giorni per massacrare un milione di persone, con machete e bastoni chiodati. Saranno accadute dal 1994 un milione di azioni virtuose? Quell’oceano di bene che ogni giorno allaga il mondo, pur senza fare rumore, sarà sufficiente per tornare a pari e consentirci di proseguire senza quella vergogna che ci schiaccia e ci fa tutti fratelli di Caino?Pare infinita la conta del male, ma lo è anche quella del bene, in una lotta antica quanto l’uomo e mai sopita. Non possiamo riposarci, ogni istante siamo chiamati a una scelta, di qua il bene di là il male, e il bivio si ripete mille volte al giorno, come in un gioco di ruolo. Ognuno di noi ha il suo 11 settembre di dolore e tradimenti, ma ognuno possiede anche la sua montagna di pietre da far crescere.Ecco che cosa ci insegna un centinaio di ragazzi "difficili" dallo sguardo trasparente. Ecco perché tra le tante celebrazioni per l’11 settembre il console generale degli Stati Uniti d’America, Richard Snelsire, ha scelto di essere con loro. Ecco perché i giornali, tutti, dovrebbero decidersi a raccontare anche lo tsunami di bene che ci investe ogni giorno. Perché le parole, specie quelle scritte, sono come pietre e le pietre sono la nostra memoria, dalla notte dei tempi le abbiamo erette verso il cielo per sancire le alleanze con Dio o radicate al suolo per fissare nel tempo i patti tra gli uomini, dolmen e menhir, stele e lapidi... Segni di cui abbiamo bisogno per rendere visibile l’invisibile e impedirci di dimenticare l’impegno preso: per ogni Caino che è in noi nutrire e far crescere suo fratello Abele.
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