martedì 24 novembre 2009
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La "piazza" ha avuto sempre un grande fascino e svolto un essenziale ruolo politico e sociale. Ma in questo periodo sembra averne acquisito uno ancora più ridondante. Sono numerosi quelli che la prendono in considerazione per farne luogo e strumento di mobilitazione dei tanti "popoli" che la frequentano "a chiamata". E sono in molti anche quelli che vi ricorrono davvero.Non si è ancora spento del tutto l’eco della manifestazione organizzata dalla Cgil, qualche giorno fa, per urlare a gran voce che la crisi non è finita e che ora investirà soprattutto i lavoratori, che già se ne profila un’altra. Anche se di diversa natura, per provenienza e per scopi. Si tratta del "No-B-Day" lanciato in rete per il 5 dicembre da alcuni blogger per sollecitare le dimissioni del premier Silvio Berlusconi e sostenuto dall’Italia dei valori di Antonio Di Pietro. È una iniziativa che, al di là delle sue finalità, sta provocando un acceso dibattito in casa del Partito democratico. Ci si domanda, infatti, se sia opportuno o no aderire a questa iniziativa «promossa da altri». Pierluigi Bersani non la ritiene una mossa corretta e in cuor suo, si dice, pensa a una diversa mobilitazione, promossa questa volta dal Pd. Dall’altra parte, ossia nel PdL, qualcuno sta pensando di organizzare una risposta di piazza di segno opposto a quella voluta contro Berlusconi, per misurare le forze in campo e dimostrare la superiorità. Non è da escludere, poi, se le risposte di politica economica e fiscale non risultassero soddisfacenti, che i sindacati possano lavorare concretamente per organizzare uno sciopero generale. Iniziativa ritenuta da molti una buona occasione per riprendere la strategia sindacale unitaria, dopo l’interruzione avvenuta a seguito dell’accordo separato sul modello di contrattazione. E poi c’è anche chi pensa, come la Uil di Angeletti, di mobilitare i dipendenti pubblici per il rinnovo del contratto.In tanta diversità di soggetti, approcci e obiettivi del ricorso alla "piazza", è possibile trovare però alcuni tratti comuni. Cresce la voglia di urlare e alzare la voce per non far sentire quella degli altri. Mentre c’è poca (o nessuna) voglia di provare a mettere insieme più voci. Prevale così la prospettiva isolata e l’obiettivo di "segnare" il terreno. La piazza diventa più un luogo per marcare le identità alzando steccati, che per mettere insieme le forze valorizzando ciò che unisce. È luogo di "scontro", più che di "incontro". Si replicano in questo modo comportamenti che purtroppo caratterizzano l’agire politico e sociale in diversi ambienti e anche molti programmi tv costruiti su "format" il cui successo mediatico poggia proprio sulla capacità di esaltare le urla e la voce grossa, piuttosto che l’offerta di dibattiti utili alla formazione di opinioni consapevoli.Questa "voglia di piazza" e le modalità con cui si manifesta, nascono, forse, proprio dalla mancanza di luoghi reali e diffusi dove potersi confrontare in modo aperto, dialogando civilmente e ascoltando le posizioni degli altri. Per far questo occorrerebbe un grande senso di responsabilità – sorretto dal senso di urgenza di un cambiamento – che dovrebbe prendere forma a cominciare dalla costruzione di un’agenda politica e parlamentare vicina ai bisogni della gente, prossima alle preoccupazioni dei tanti cittadini semplici, coerente con le loro aspettative. Si tratta di una vera e propria sfida di "educazione civica" per recuperare un capitale di valori e di comportamenti, come quelli che premiano la vicinanza e il confronto, che altri prima di noi ci hanno lasciato. Occorre rifondare le premesse per un dialogo civile a tutti i livelli, come è stato auspicato a più riprese e con autorevolezza dalle voci della Chiesa e sulle stesse colonne di questo giornale. Sarebbe un investimento redditizio e duraturo; anche a vantaggio delle generazioni future. Richiede però una "ristrutturazione" profonda e significativa. Esige per esempio che molti "format" saltino, e non soltanto quelli televisivi. Si discute molto oggi se sia bene o no educare i giovani ai valori della Costituzione.Cominciamo da qui e non solo tra i giovani. Lavoriamo perché tutte le piazze, non solo quelle che abbelliscono le nostre città, ritornino a essere tali e, quindi, luogo di incontro e confronto civico.
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