Perché Gaetano Scirea è un uomo che conta
martedì 3 settembre 2019

Trent’anni fa moriva, in un incidente d’auto, Gaetano Scirea. Per l’occasione si moltiplicano le interviste alla moglie Mariella e al figlio Riccardo e ti accorgi di quello che rimane nella vita, di cosa sia veramente importante. Trent’anni sono tanti? Per rendersene conto basta ascoltare la moglie che scherza sulla 131 rosa che la Juventus, cioè la Fiat, regalò al marito non si ricorda bene quando. Facendo i conti, potrebbe essere che quell’esemplare invenduto (e chi la compra una Fiat 131 rosa?) sia stato il premio per la Champion: l’autovettura venne prodotta fino al 1985 e la Champion (allora si chiamava Coppa dei Campioni) venne vinta dai bianconeri proprio la stagione 1984-85. Ve lo immaginate Cristiano Ronaldo, con magari accanto Georgina, che si fa una storia di Instagram mentre sgomma tutto contento a bordo di una berlina Fiat Tipo rosa come premio della Juve per aver vinto qualcosa d’importante? Non ve lo immaginate? Allora avete capito cosa vuol dire 'trent’anni fa'.

Eppure per Mariella Cavanna in Scirea (così si scriveva a quei tempi) i trent’anni non sono passati. Va ogni giorno al cimitero e, da quando il marito morì, lei, che allora aveva solo quarant’anni, non ha mai pensato di risposarsi, di rifarsi una vita. Il motivo? Perché la sua vita non era da rifare, era già fatta. Avvenuta. Conclusa. Compiuta.

Un altro uomo al suo fianco sarebbe stato sempre uno sconfitto perché, come accadeva nelle aree di rigore di tutto il mondo, il marito avrebbe sempre vinto il confronto. «Parlo con mio marito ogni giorno», dice al 'Corriere'. È da matti parlare con i morti, parlare con chi non c’è più? Non è da matti, è da sani se quella voce risuona nel nostro cuore non perché ce la inventiamo, ma perché ha messo radici che danno ogni giorno il proprio frutto. A chi non capisce che la presenza di cui parla Mariella Scirea è frutto della realtà e non di una mente malata, la verità non può essere spiegata.

Con tutto il rispetto, la gioia e la finta arrabbiatura di Mariella e Gaetano per la 131 rosa, non hanno nulla a che vedere con i bolidi dei calciatori d’oggi. Mio papà e mia mamma morirono anziani a nemmeno un anno di distanza, prima lui e poi lei, come Raimondo Vianello e Sandra Mondaini che tanto amavano. In un giorno dell’estate che mia madre passò da vedova, parlammo quietamente abitando entrambi la terra dei mansueti. E lei mi disse «del papà non mi manca il suo modo di camminare, o quello che diceva o faceva. Anzi, se è per quello quasi quasi sto meglio. A me manca proprio lui». Ecco questo intendo. Una donna che parla del proprio uomo come Mariella Scirea parla di Gaetano, non lo sta idealizzando: lo sta amando. Continua ad amarlo come quando lo vide, come quando le farfalle le si agitarono in pancia per la prima volta. Chi crede, sa che «il libero più forte del mondo» e la moglie (chi non sa cosa sia 'un libero' non si preoccupi, oggi nel calcio non ci sono più) si incontreranno nell’Aldilà. Ma chi non crede, leggendo la loro storia, può rendersi conto da solo che l’amore salva la vita. Non solo 'salva la vita' per la promessa che ci fa sull’Aldilà ma per quanto promette e mantiene già qui. Il cristianesimo dice che l’amore merita la salvezza nella vita dell’Aldilà, ma non dice solo quello.

Parla anche di felicità terrena che è cosa diversa dal successo negli stadi e dal benessere frutto delle vittorie. E questa è la storia che può raccontare solo una coppia come quella composta dal capitano della Juve e dalla moglie, che per la strada pericolosa del successo in questa vita ci sono passati per davvero. Alla fine veniamo tutti ricordati solo per una cosa, ed è di essere stati o meno delle brave persone. Tutti, anche quelli che ne hanno solo sentito parlare, si ricordano di Gaetano Scirea perché il marito di Mariella e il papà di Riccardo è stato una brava persona. Un uomo che contava non per quelli che lo ammiravano e lo acclamavano, ma per quelli che contavano davvero per lui: chi lo amava.

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