Per salvare la buona sanità
venerdì 22 novembre 2019

Se parlassimo di un paziente potremmo dire che il nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn) è in condizioni di apparente buona salute, come certificato anche dall’appena pubblicato Global Burden of Disease (Gbd) Study sulla rivista "Lancet Public Health", che ha analizzato per la prima volta i dati per ogni singolo Paese, collocandolo al nono posto, primo tra i Paesi "meridionali" poiché segue Islanda, Norvegia, Olanda, Lussemburgo, Australia, Finlandia, Svizzera e Svezia. Il coordinatore per l’Italia dello studio Lorenzo Monasta, dell’Irccs Burlo Garofalo di Trieste, afferma giustamente che «emerge un quadro globalmente positivo pur con alcune criticità».

Io vorrei invece sottolineare il lento e costante scivolamento del nostro Servizio sanitario nazionale verso un inesorabile declino che, nonostante la saggia interazione "pubblica" tra mano statale e mano privata accreditata e nonostante importanti aree di eccellenza professionale e tecnologica, comincia ad abbandonare al proprio destino milioni di cittadini che non riescono più ad accedere a servizi preventivi e diagnostici, assistenziali e riabilitativi.

Quattro anni fa avevo preannunciato l’arrivo di una «tempesta perfetta», in cui l’incrocio tra invecchiamento della popolazione, aumento delle malattie croniche e crisi economica con conseguente definanziamento della spesa pubblica avrebbero determinato l’impossibilità per i decisori pubblici di trovare abbastanza risorse per finanziare il Sistema, dei manager di gestire organizzazioni sempre più complesse, degli operatori sanitari di assistere i propri pazienti e dei cittadini di esigere prestazioni sanitarie finanziate con le loro tasse e che dovrebbero pertanto essere gratuite al momento del bisogno.

Tre rapporti usciti nell’ultimo anno confermano l’inizio della debacle. Il Rapporto Osservasalute dell’Università Cattolica, il Rapporto Gimbe e quello del Censis sanciscono in modo inequivocabile le difficoltà di un Ssn boccheggiante, tra tagli, inadeguatezza gestionale e impossibilità di garantire servizi, in alcune Regioni anche quelli essenziali. Perché è quindi importante non essere soddisfatti delle condizioni di apparente buona salute del nostro Ssn? Perché nonostante i ripetuti allarmi non vi è stata alcuna azione correttiva e, soprattutto, siamo ancora in tempo per evitare il peggio? Noi scienziati e addetti ai lavori non siamo riusciti a far capire alla politica, non tanto a quelli che si interessano di salute e welfare quanto a quelli che sono responsabili di finanziarli (in primis Ministero dell’Economia e Ragioneria dello Stato) che considerare la Sanità solo una voce di costo, facile da tagliare quando vi è bisogno di austerity, non è la strada giusta per lo sviluppo e la prosperità del Paese.

Certamente si dovrebbe essere attenti ai saldi di bilancio, ma non solo guardando ai numeri, bensì anche a quello che c’è dietro, soprattutto se i tagli significano meno medici, meno infermieri, meno servizi e più malati, più sofferenza, più disperazione.

Se si guarda all’attuale discussione tra Stato e Regioni e alla bozza del nuovo Patto per la Salute non c’è da essere ottimisti: sia l’approccio sia le tempistiche non sembrano all’altezza della sfida. Cosa ci attende allora all’orizzonte? Attraverso l’utilizzo di modelli matematici è possibile già da ora prevedere cosa, di questo passo, si verificherà in futuro. Lo scenario ci mostra una situazione di crescenti bisogni da parte di una popolazione sempre più anziana e disabile. Se l’incidenza – ovvero, il numero di nuovi casi – di malattie croniche registrate non dovesse rallentare o diminuire nel tempo, l’aumento assoluto della richiesta di assistenza sanitaria richiederebbe un inevitabile incremento della spesa al fine di garantire adeguati livelli di salute. Purtroppo, i segnali che possiamo vedere oggi ci indicano che questa è una situazione insostenibile dal punto di vista economico e finanziario.

Molti studi hanno dimostrato che il livello di salute di una popolazione è fortemente correlato con la sua condizione economica; pertanto, se la fase di crisi che stiamo attraversando si prolungherà nel tempo (e, purtroppo, ci sono importanti elementi per ritenere che essa non sia congiunturale, ma abbia forti componenti strutturali, in particolare in Italia), ci si dovrà attendere un peggioramento generale delle condizioni di salute nel nostro Paese.

Non volendo neanche prendere in considerazione l’idea che vi sia un disegno occulto di smantellamento e 'privatizzazione' del Ssn, il 'piano di salvataggio' del Ssn dovrebbe passare almeno attraverso le seguenti tre azioni:

1) rimodulare le prestazioni erogate gratuitamente a tutti i cittadini, i cosiddetti Lea (Livelli essenziali di assistenza), secondo rigorosi criteri scientifici e destinare alla spesa privata quelli a basso valore;

2) ridefinire i criteri della compartecipazione alla spesa sanitaria e le detrazioni per spese sanitarie, tenendo conto anche del valore delle prestazioni sanitarie e attuare al più presto un riordino legislativo della sanità integrativa;

3) realizzare concretamente un Piano nazionale della prevenzione.

Lo faremo?

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