giovedì 21 maggio 2015
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Caro direttore,anche io, come lei e come tanti altri lettori, sono rimasto colpito e ammirato dalla lettera e dal gesto del signor Giovanni Longhini. L’8 maggio scorso (“Avvenire” ha pubblicato la lettera con una sua risposta domenica 10 maggio), ci ha raccontato di aver rifiutato l’adeguamento dell’importo della sua pensione a seguito della recente sentenza della Corte costituzionale. Non è da tutti rinunciare a dei soldi, quando se ne ha diritto, per solidarietà intergenerazionale. Mi ricorda mio padre, in pensione da oltre dieci anni con il sistema contributivo, che mi dice sempre che si sente un “privilegiato” rispetto a chi come me andrà in pensione (forse) fra più di vent’anni con il sistema retributivo. Per questo con lei pure io mi auguro che sempre più gocce, come quella del signor Longhini, «salgano dal basso della società verso l’alto dei palazzi» e mi aspetto che anche dall’alto venga un segnale, a partire dalle scandalose vere “pensioni d’oro” che sono centinaia se non migliaia. Tre esempi su tutti (facilmente documentabili facendo una ricerca in rete con la parola chiave “pensioni d’oro”): 1) La pensione più d’oro d’Italia appartiene ad un ex grande dirigente di Telecom Italia e ammonta alla bellezza di 90mila euro netti al mese! 2) Un ex presidente del Consiglio, di cui era circolato il nome per la Presidenza della Repubblica, percepisce “solo” 30mila euro al mese. 3) Una ex-deputata, che sarà ricordata dai posteri più per le sue doti di attrice hard che per la sua attività parlamentare di 5 anni, si porta a casa ben 6.200 euro netti al mese. Questi sono solo tre esempi ma ci sono decine di inchieste giornalistiche e perfino libri che parlano e documentano cifre del genere. Tutti lo sanno ma nessun politico osa muovere un dito perché in Parlamento persone come il signor Longhini sono ben poco rappresentate. E allora mi rivolgo direttamente al presidente Matteo Renzi: se davvero vuole dimostrare di essere il cambiamento che dice, prenda in mano la scure e inizi a tagliare le scandalose vere “pensioni d’oro” chiedendo un gesto di solidarietà a chi ha fin troppo. Potrà così recuperare un po’ di bei soldi e soprattutto la fiducia degli italiani nella classe politica!Luca Salvi - Verona
Gentile direttore,vorrei esprimere la mia totale condivisione delle opinioni espresse nell’analisi del costituzionalista Marco Olivetti e nell’intervista al saggista Francesco Delzio (“Avvenire” del 19 maggio). Sono riflessioni profonde, considerazioni e affermazioni che denotano senso di responsabilità nel ricercare quel giusto equilibrio di rapporti economici e sociali, con lo sguardo rivolto al futuro, e quindi alla condivisione delle risorse esistenti con le giovani (e future) generazioni. Vorrei che coloro che hanno la garanzia di una discreta pensione avessero a preoccuparsi concretamente per le moltitudini di persone e famiglie che vivono in situazioni di incertezza o, in modo prolungato, di precarietà.Giuseppe Delfrate - Chiari
Gentile direttore,ho letto con attenzione a pagina 3 l’analisi di Marco Olivetti, dove – in caratteri cubitali – viene considerata «sbagliata» la sentenza della Corte costituzionale, valutazione che non condivido minimamente. Io sono nelle stesse condizioni del signor Parodi che le scrive riguardo al modo di ragionare dei suoi collaboratori con la lettera «Io, pensionato monoreddito, dico che in Italia la Festa tornerà a fatica»; anche io pensionato (78 anni che paga il ticket perché ho un lordo annuo di 38.200 euro, mia moglie dopo 16 anni di lavoro ha curato i figli e attualmente si ritrova con una pensione non adeguata al minimo con un lordo annuo di 4.300 euro). Ho trovato interessante la sua risposta al signor Parodi, penso però non in linea con l’articolo di Olivetti.Mario Astolfi
Caro direttore,complimenti al professor Olivetti per il perfetto e coraggioso articolo di martedì sulla sentenza della Consulta. Quanti tra i numerosi commentatori si sono spinti fino a siffatte severe, ma puntualissime critiche? L’idea poi che ogni componente della Corte debba “metterci la faccia” sulle decisioni (con la pubblicazione dei nomi dei dissenzienti) sembrerà forse rivoluzionaria per l’Italia, ma è certo molto sentita da tutti (anche da quelli che hanno votato un componente della Corte perché della propria “area” e vogliono sapere se ha dato della Costituzione una “buona” interpretazione, dato che purtroppo la Costituzione viene spesso in vari modi “interpretata”…). E perché non estendere il principio alle sentenze dei Tribunali, pubblicando nomi e cognomi dei magistrati “in disaccordo”?.Domenico Fiorioli
Caro direttoreun meritatissimo plauso a Marco Olivetti per il suo articolo serio e motivato sulla «strana e sbagliata» sentenza n.70 della Corte costituzionale. Sentenza, aggiungerei, gravemente intempestiva. Avevo già intenzione di scriverle per sottolineare questo inspiegabile atteggiamento di distacco dalla ratio legis; è infatti imperdonabile che sia stato completamente ignorato il perché venne emanata la norma che bloccava la rivalutazione di una parte delle pensioni italiane. Il governo Monti ne aveva ben donde: si era in presenza della «più grave crisi fiscale dello Stato Italiano dal 1945 a oggi». C’era «un’emergenza straordinaria, si rischiava di non avere i soldi per pagare l’intera pensione, non solo la rivalutazione». Quindi: giudici sulla luna? Spero riflettano sulle gravi conseguenze della loro improvvida decisione. Detto questo vediamo la situazione: il governo, tra gli obblighi di eseguire la sentenza e quelli di bilancio adotta una via di rimborsi graduali con attenzione alle pensioni più basse. Apriti cielo! Va restituito tutto a tutti, tuona Forza Italia, in cerca disperata di voti. E ne troverà certamente; tanti sono gli egoisti, quelli che non ne hanno mai abbastanza, menefreghisti, solidarietà e condivisione zero. E così Salvini, Meloni e altri. Proprio come una parte dei giudici della Consulta. Tutta gente che, a mio parere, viaggia per proprio conto, anzi per il proprio tornaconto. In tutto questo protestare mi piacerebbe capire la posizione della Cisl. Non mi pare che la Consulta abbia posto un termine per l’esecuzione della sua sentenza. Per cui, potendolo fare, si potrebbe rimandare il tutto a bilanci più floridi. Purtroppo non è ... opportuno (il perché è ovvio!). Grazie per “Avvenire”, grazie per l’attenzione e buon lavoro!Beppe Serione
Le diverse voci e storie che si esprimono nelle lettere che precedono questa mia risposta aiutano a comprendere quanto elevati siano la consapevolezza delle reali difficoltà degli italiani (certamente degli anziani, ma persino di più di tanta parte delle sinora “precarizzate” generazioni dei figli e dei nipoti) e, soprattutto, il senso di giustizia che caratterizzano i nostri lettori, persino quando giungono a conclusioni opposte su una questione rispetto alla quale si possono legittimamente nutrire opinioni diverse. Opinioni diverse, ma mai egoiste. Vorrei soffermarmi soprattutto su questo, cioè sulla tenace e confortante evidenza della grande voglia di giustizia e di scelte eque che segna un segmento di opinione pubblica che è, per fede cristiana e sentimento civile, tra i più belli e generosi del nostro Paese. Torno ad augurarmi che il messaggio arrivi chiaro e forte a parlamentari e governanti, al centro come in periferia, e che riforme appena varate sulla carta o in procinto di esserlo si traducano speditamente nel «cambiamento di verso» che il premier Renzi evoca con tanta convinzione. In questi anni, in varie occasioni, ho scritto spesso – e ne sono sempre più convinto – che gli italiani sono capaci di grandi sacrifici e di serena dedizione al bene comune se motivi e prospettive degli uni e dell’altra vengono spiegati bene e se la direzione di marcia è garantita da figure moralmente credibili. Per questo insisto tanto sulla necessità che l’esempio che viene dall’alto, dalla classe dirigente politica (e non solo), sia limpido e convincente. A maggior ragione, di questi tempi, anche in tema di pensioni e di pensioni (veramente, ingiustificatamente) «d’oro».
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