mercoledì 3 marzo 2010
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Uno si chiama Stefano, l’altro Angelo. E oggi pomeriggio a Rieti giocheranno con la maglia della Nazionale azzurra Under 21 una partita valida per la qualificazione ai prossimi campionati Europei. Angelo e Stefano di mestiere fanno i calciatori. Che c’è di strano, allora? Nulla. A parte che Stefano di cognome fa Okaka. E Angelo, è Angelo Ogbonna. Insieme a Mario (Balotelli, ma qui è più facile) oggi stabiliranno un record, nel suo piccolo, storico. Saranno i primi tre italiani con la pelle nera a scendere in campo insieme per difendere i colori azzurri nel calcio. Okaka, attaccante, è nato a Castiglione del Lago (Perugia) da genitori nigeriani: giocava nella Roma prima di essere ceduto in prestito al Fulham, in Inghilterra. Ogbonna, difensore, è nato a Cassino (Frosinone), lui pure da genitori della Nigeria, e porta la maglia del Torino. Di Balotelli, interista, goleador sublime e malmostoso, palermitano di colore ma soprattutto bresciano di Concesio, si sa tutto. Anche troppo, grazie all’ignoranza di chi lo insulta dagli spalti degli stadi quasi ogni domenica. Tre italiani veri più che neri, che sarà il caso di celebrare oggi senza esagerare, ma con il peso che merita una promozione. Per meriti acquisiti. Stop. Qui sta, crediamo, la miglior lezione di antirazzismo: non stupirsi perché la Nazionale oggi avrà qualche nota cromatica insolita, ma registrare con soddisfazione un esempio di successo sportivo ottenuto nonostante tutto. Il pallone, il vituperato pallone ricettacolo di tutte le storture, per una volta anticipa in positivo la società civile e promuove con la maglia più importante anche chi “diverso” continua purtroppo ad essere considerato nella vita. E anche mentre fa il suo mestiere, perché gli idioti da stadio non scioperano mai. Come Balotelli, anche Ogbonna e Okaka rappresentano un futuro calcistico italiano che può calcare le orme di quello francese, inglese e tedesco dove è facilissimo vedere già da molti anni giocatori naturalizzati o cittadini a tutti gli effetti di quei Paesi, anche se con un colore della pelle diversa. In Francia accade per i giocatori maghrebini o d’oltremare, in Germania per quelli di origini turche, in Gran Bretagna per quelli delle ex colonie. Arriviamo tardi dunque, ma arriviamo. Siamo solo all’Under 21, sia chiaro. La Nazionale giovanile, per forza di cose più disponibile agli esperimenti e alle novità, ma tutt’altro che ingessata da un commissario tecnico come Casiraghi, aperto agli esperimenti e meno legato agli stereotipi di un suo più importante collega. Ma si arriverà anche ai piani superiori, è inevitabile. Sempre che a contare sia il merito e non il colore. E che si smetta di ammantare giornate importanti come quella di oggi con i soliti slogan politicamente corretti sul multiculturalismo (Balotelli non ha vissuto un giorno della sua vita in Africa), e sull’integrazione (fuori dal campo è integrato benissimo, con tutti i difetti dei diciannovenni). Lui, Ogbonna e Okaka questo pomeriggio giocano in Nazionale perché lo meritano. Punto. Che il nero muove e vince in tre mosse, lo lasciamo dire ai giocatori di scacchi.
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