venerdì 31 agosto 2018
Caso 'Diciotti', scelte della politica, leggi e princìpi Dunque, nei lunghi giorni della illegale detenzione di 150 persone a bordo della nave 'Diciotti', uno o più reati gravi sono stati commessi
Ordini errati e ingiusti non vanno eseguiti
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Caso 'Diciotti', scelte della politica, leggi e princìpi Dunque, nei lunghi giorni della illegale detenzione di 150 persone a bordo della nave 'Diciotti', uno o più reati gravi sono stati commessi. E infatti la magistratura sta accertando in queste ore le responsabilità sia delle persone sia, eventualmente, delle persone giuridiche, ovvero delle amministrazioni. Eppure c’era, e c’è, un obbligo formale di non permettere la consumazione continuata di atti illegali e di rilievo penale.

È opportuno sottolinearlo: anche adesso che si è interrotta la vicenda, cioè la sofferenza inaudita dei profughi trattenuti a bordo della nave della nostra Guardia Costiera. A futura memoria dei militari che continueranno nei prossimi mesi e anni a pattugliare il mare e le altre frontiere nazionali si può ricordare che l’ordinamento delle Forze armate della Repubblica non consente il ripetersi di souplesse come quelle nel porto di Catania. Esiste in proposito una norma rigida che inspiegabilmente è rimasta senza citazione e applicazione.

Richiamarla con la dovuta energia sarebbe stato compito in primo luogo del Ministero della Difesa o da quello delle Infrastrutture, dicastero da cui dipende la Guardia Costiera. La disobbedienza di chi veste la divisa davanti all’ordine di commettere un reato la impone, infatti, un articolo ben formulato delle Norme di principio della disciplina militare. L’articolo 4, quinto comma della legge 11 luglio 1978, n. 382 testualmente recita: «Il militare al quale viene impartito un ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato , ha il dovere di non eseguire l’ordine e di informare al più presto i superiori».

È certo che il comandante Kothmeir ha prontamente comunicato ai superiori gerachici il diktat del ministro Salvini. Eppure la titolare della Difesa e/o quello delle Infrastrutture nulla hanno eccepito pur dinanzi a un’aggravante specifica: l’ordine - che oggi la magistratura ipotizza essere stato un triplice e pesante reato – è stato impartito dall’Autorità nazionale di pubblica sicurezza, il Ministro dell’Interno, ma non è stato avallato dai superiori gerarchici del capitano della Guardia Costiera. Per l’appunto, a futura memoria la norma citata va esposta chiaramente.

La prossima volta che dovesse ripetersi analoga sofferenza degli stremati profughi dall’Eritrea e da altri Paesi dell’Africa, e un ufficiale di Marina li facesse scendere prontamente a terra sul suolo italiano, egli seguirebbe con scrupolo quanto detta l’ordinamento militare. E nel contempo si adopererebbe per salvare l’onore delle Forze Armate della Repubblica. Che non meritano più di essere investite dal fango che il titolare, pro-tempore, del Viminale, sta rovesciando sulla vasta e delicata amministrazione dell’Interno. Oltre che, beninteso, su tutta la comunità nazionale.

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