Omotransfobia, il dialogo non sopporta marce forzate
martedì 21 luglio 2020

Caro direttore,

la sua riflessione-proposta di domenica 19 luglio 2020 in riferimento alla cosiddetta proposta di legge Zan e al saggio suggerimento di un grande costituzionalista come Cesare Mirabelli («Omotransfobia, domande ai legislatori e quell’utile suggerimento dell’art.61»), dovrebbe divenire un 'lodo' condiviso per evitare effetti tragici sotto il profilo della libertà di pensiero nel nostro Paese. Questo 'lodo', infatti, potrebbe incardinarsi attorno a giudizi che tutti (a parole) dichiarano di condividere. Vediamoli: la proposta di legge è intitolata alla lotta all’omotransfobia, innalzando la bandiera del «contrasto ai violenti a agli istigatori di violenza». Ma – si domanda giustamente lei – «chi potrebbe essere civilmente e cristianamente favorevole a crimini di questo tipo?». Se dunque tutti siamo d’accordo su questo livello, i promotori della legge hanno il preventivo dovere di evidenziare 'dove' l’attuale ordinamento giuridico penale abbia delle lacune. O, meglio, hanno il dovere di chiarire quali 'atti violenti' o ingiusti non siano già sussumibili nelle fattispecie penali ordinarie, solo successivamente ponendosi il problema di individuare eventuali ulteriori strumenti di tutela.

Se – come hanno affermato autorevolissimi giuristi – dall’ordinamento, in cosa mai consisterebbe una «istigazione alla discriminazione per ragioni riferite all’identità di genere»? Se l’«identità di genere» viene definita dalla relazione alla proposta di legge come una «percezione di sé come rispondente a un genere» diverso dal «proprio sesso biologico» e se gli atti omofobi ingiusti sono già sanzionati, cosa mai sarà, in concreto, quell’«istigazione a una discriminazione» verso una siffatta «percezione di sé» che la proposta Zan vuole punire con le manette? In pratica, significherà semplicemente non condividere la cosiddetta 'teoria gender', cioè non essere persuasi da una idea di un uomo a tal punto 'misura di ogni cosa' da negare la realtà stessa? O finirà che se qualcuno non vorrà riconoscere il 'diritto' agli omosessuali di essere genitori di un bimbo rischierà di essere incriminato per istigazione a una discriminazione?

Eppure, lo stesso Alessandro Zan ad 'Avvenire' ha dichiarato che gli è «molto caro » il principio della libertà d’espressione. Allora, se gli sta davvero a cuore non estirpare il diritto ad avere una libera e salda idea sulla persona umana, cioè sulla realtà dell’uomo e della donna, diversa dalla sua, il deputato Zan si renda conto che ci sono attivisti dell’associazionismo che si definisce lgbt e autorevoli giuristi liberali che leggono in modo opposto a quello che lui propone, ovvero all’insegna della censura e della sanzione, la proposta di legge in discussione alla Camera. Quel testo introduce, nei fatti, un reato di opinione ed è oggettivamente foriero di quelle 'liste nere' da Stato etico dalle quali la lettera di Marina Terragni ad 'Avvenire' e la risposta che le è stata data giustamente ci mettono tutti in guardia.

Lei, caro direttore, si augura che «buoni e saggi emendamenti» intervengano a «sgomberare l’orizzonte e rasserenare il dibattito». E noi facciamo volentieri nostro il suo augurio, al tempo stesso, però denunciando che non vanno certo in questa direzione le 'marce forzate' che sembra aver deciso la Commissione Giustizia alla Camera, il cui calendario in questa settimana prevede addirittura più sedute in notturna per imprimere una massima accelerazione all’iter legislativo. Ma che senso ha forzare una normativa di questo tipo in un momento in cui il Paese ha ben altri problemi e a fronte della necessità di ripensare profondamente la proposta di normativa in discussione?

Se davvero si condivide da parte di tutti la contemporanea necessità di contrastare ulteriormente episodi di violenza e, al tempo stesso, di non indebolire il diritto alla libera espressione di diverse concezioni sul senso della realtà e dell’umanità, basterebbe dare vita a un tavolo di giuristi espressi dai proponenti la legge e dagli oppositori alla stessa per trovare, in poche settimane, una declinazione normativa adeguata a questa teorica comune base di convinzioni. E già molti emendamenti, sia di maggioranza sia di opposizione, suggeriscono prospettive meno liberticide sulle quali va avviata una condivisa riflessione. Se, invece, in questi giorni di lavori parlamentari in Commissione Giustizia andrà in scena solo una frettolosa prova muscolare, sarà chiaro a tutti che qualcuno vuole tentare di porre fine allo Stato laico e liberale.

Coordinatore Osservatorio Parlamentare 'Vera lex?'

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