domenica 31 gennaio 2010
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A volte i numeri sono più eloquenti delle parole, quando la loro grandezza mostra con sintetica evidenza la situazione della giustizia. Alla fine del mese di giugno 2009 i procedimenti civili pendenti dinanzi ai giudici di pace erano 1.579.458; dinanzi ai Tribunali erano 3.512.914; dinanzi alle Corti d’appello 184.488. Nell’anno 2008 sono sopravvenuti 1.817.310 procedimenti civili dinanzi ai giudici di pace; 2.793.756 dinanzi ai Tribunali, e 151.247 dinanzi alle Corti d’appello. Il numero dei procedimenti esauriti è stato inferiore a quello dei sopravvenuti, accrescendo, sia pure di poco, il pesante saldo negativo. In controtendenza, la Corte di Cassazione ha esaurito un numero di procedimenti civili superiore a quello dei sopravvenuti, definendone 31.257 contro i 28.418 dei secondi; ma rimane un arretrato di 96.227 procedimenti, equivalente a oltre tre anni di attività. La situazione non è migliore nel settore penale, che attira con maggiore evidenza l’attenzione.Della qualità organizzativa e dell’inefficienza del servizio hanno esperienza diretta non solo i magistrati, gli avvocati e quanti per professione frequentano giornalmente gli uffici giudiziari, ma il gran numero di cittadini che vi si devono recare. Ogni giorno oltre undicimila persone varcano gli ingressi del tribunale civile di Roma, secondo una stima fatta dal presidente del più grande ufficio giudiziario. Ma sono ben più di una decina di milioni le persone che attendono anche per anni una decisione o sono coinvolte in un processo.Da tempo la discussione sembra racchiusa piuttosto nella cittadella dei poteri, circoscritta in un conflitto tra classe politica e corporazione della magistratura, mentre rimangono sullo sfondo, non risolte, ma neppure organicamente analizzate, le molte questioni che riguardano l’efficienza del servizio giustizia.  Le costanti e ripetute polemiche costituiscono sabbie mobili che risucchiano ogni energia e non consentono di fare alcun passo in avanti: né di risolvere in modo appropriato quello che è impropriamente definito il rapporto politica-magistratura, né di dare risposta all’esigenza di una giustizia efficiente, che è essenziale per la garanzia dei diritti di ciascuna persona, ma costituisce anche una condizione rilevante per la ripresa e lo sviluppo dell’economia. Secondo una stima della Confartigianato i ritardi costerebbero alle imprese 2,3 miliardi di euro ogni anno, con una ricaduta diretta non solo sulle aziende, ma sui loro clienti ed in definitiva sui consumatori e sulle famiglie. Occorrono oltre mille e duecento giorni per recuperare un credito, con un costo prossimo al trenta per cento della somma da riscuotere. Al linguaggio dei numeri ha fatto ampio ricorso il primo presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone, nella sua relazione. Nell’impianto di taglio culturale, ha inserito un’ampia analisi di dati del sistema giustizia, in una prospettiva di recupero dell’efficienza. Rivendicazioni e toni polemici, assenti nel clima più istituzionale della Corte di Cassazione, non sono mancati nelle cerimonie di inaugurazione degli anni giudiziari nelle Corti d’appello. Se ne può comprendere la ragione, pur senza condividerne i contenuti, segnalando tuttavia che i percorsi polemici, anche quando reattivi, non giovano alla magistratura.  Ma si sono anche manifestate evidenti energie che convergono nel considerare la giustizia come un servizio da rendere ai cittadini, nell’interesse di ciascun individuo e della comunità. È da auspicare che l’inaugurazione dell’anno giudiziario sia il punto terminale delle polemiche e delle vistose e inutili contrapposizioni. La dimensione dell’impegno che esige il comune proposito di rendere efficiente la giustizia, richiede onesta unità di intenti anche nella diversità di vedute.
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