Occupiamoci della povera vita
giovedì 13 aprile 2017

Caro direttore, una ricerca della rivista Lancet sulla crisi dei sistemi di Welfare occidentali segnala che l’abbassamento della aspettativa di vita (ben 25 mesi) in fasce sociali preda di povertà e disagio è conseguenza del non accesso ad adeguate cure sanitarie e a un buon stile di vita (cibo e alimentazione, innanzi tutto). E ci dice molto del disastro morale di società che si dimostrano incapaci di accogliere ormai anche i “migranti interni”, poveri ed emarginati, che in moltissimi casi, come in Italia, coincidono con i propri vecchi e con tanti giovani. In casa nostra un’altra ricerca divide l’Italia tra Nord e Sud anche sul filo della attesa di vita.

Quasi tre anni in meno, secondo il rapporto Osservasalute 2016, che l’Università Cattolica ha presentato lunedì scorso al Policlinico Gemelli di Roma. Con l’aggravante, però, che da noi il sistema sanitario è nazionale e universale, e dovrebbe fornire a tutti gli italiani lo stesso sostegno vitale e le stesse opportunità di cura. Poiché tutto questo sta entrando di forza nelle statistiche, è anche scienza. Prima era solo coscienza, la coscienza di chi voleva vedere, e denunciava, magari con un occhio alle file davanti alla Caritas.

Nella nostra società del cinismo, c’è magari qualcuno che pensa di risolvere per questa (indiretta) via alcuni problemi di bilancio del proprio Welfare. Perché giovani indotti ad andarsene e decine di migliaia di anziani curati meno e che muoiono prima avranno un effetto positivo sui conti: meno costi sanitari, e sollievo strutturale almeno nel breve periodo per il sistema pensionistico. Un’eutanasia di massa. L’efficientamento del sistema sanitario e dei bilanci dell’Inps lo sta facendo una darwiniana selezione sociale. Niente di nuovo. Nella mia città, sui muri dei quartieri popolari appaiono da tempo manifesti di pompe funebri, che offrono a rate, senza interessi, le prestazioni necessarie a tutti, anche ai poveri.

A Napoli si vive in contanti e si muore a rate. Questo è il Sud, tanto per dire. Ma chi ci deve essere dov’è? Il Governo con la legge delega antimiseria ha battuto un colpo, solo il primo. E in risposta a meno di un terzo degli italiani poveri o impoveriti. Forse più che lottare per raggiungere il 40%, necessario a tutt’oggi a far scattare il premio di maggioranza alla Camera, i leader politici italiani farebbero meglio a dire come intendono spostare il 4% di Pil tra chi vive più a lungo e chi, nella nuova condizione di sperequazione e d’ingiustizia, è destinato a vivere meno. Anche il Def che sta prendendo forma in queste ore sotto ai nostri occhi nulla dice di forte e chiaro a questo proposito. Ma la ripresa d’Italia o parte, e convince, da qui o non c’è né ci sarà davvero.

*Ordinario di Filosofia teoretica Università Federico II di Napoli

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