domenica 29 gennaio 2012
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Apriamo gli occhi, tutti assieme, il più possibile e nella direzione giusta, an­che se non è facile con le luci dei rifletto­ri mediatici che restano ostinatamente puntate sugli “spettacoli minori” del mon­do, quelli tutti nero raccapriccio di crona­ca e lustrini più o meno rosa. Apriamo gli occhi, e facciamoci le domande giuste. A cominciare da quella, enorme, mossa dal­la constatazione che il presidente della Cei – all’inizio di questa settimana – ha ripro­posto all’attenzione di tutti coloro che col­gono che troppo non quadra nella “resa dei conti” che va in scena – in questa fase – soprattutto nei confronti della vecchia (e incerta) Europa: la politica appare «debo­le e sottomessa» al cospetto delle immen­se speculazioni promosse da «coaguli so­vrannazionali potenti e senza scrupoli» e i popoli, quelli poveri e quelli di nuovo im­poveriti, pagano un prezzo enorme. Fac­ciamoci le domande giuste e giriamole, come italiani, a chi ci governa, a chi para­lizza l’Unione Europea, a chi siede (inu­tilmente) nel club dei Grandi del mondo. Facciamoci le domande, e facciamoci in­calzante opinione pubblica. Perché non si tassa, una buona volta, la speculazio­ne? Perché da anni e anni si continua a impedire la «Tobin tax»? Apriamo gli occhi e chiediamoci: come mai una “crisi” che almeno per tre volte ci è stata raccontata in via di esaurimento, in­vece, non finisce? Come mai sembra sem­pre ricominciare? Forse, anzi senza forse, perché non siamo solo dentro una crisi, ma siamo coinvolti in una vera e propria guerra. Una guerra non dichiarata, ma condotta senza tregua. Una guerra, l’ab­biamo già scritto, che non viene combat­tuta da truppe e armi convenzionali, ma da autentiche ”armate” virtuali: miliardi e miliardi di dollari e di euro scatenati con­tro nazioni, democrazie, gente comune. Apriamo gli occhi. Le guerre non finisco­no se non vengono riconosciute e dichia­rate il gran male che sono. Ma soprattut­to le guerre non passano da sole, per e­saurimento. Bisogna fare la pace. E la pa­ce non è pace senza disarmo e senza giu­stizia. 
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