mercoledì 14 ottobre 2015
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Caro direttore,tutti abbiamo sentito, tutti abbiamo letto di quanto è successo a Palazzo Madama durante le discussioni, l’elaborazione di tantissimi odg, le votazioni più o meno “segrete” sul superamento del bicameralismo perfetto con, di fatto, un vero e proprio “annullamento” dell’attuale Senato della Repubblica. Volgarità irripetibili, schiamazzi da stadio, gestacci… ci hanno fatto vedere come la politica (altro che “P” maiuscola!) sia caduta veramente in basso. Abbiamo visto politici “nuovi” che non riescono a diventare adulti, sempre in bilico fra il “vaffa” e la politica seria. Un triste spettacolo che fa pensare e dire: finalmente finisce una brutta stagione della politica, finalmente l’attuale Senato va a casa, con la speranza che persino quanto si è visto e sentito (e non avremmo voluto vedere e sentire) aiuti il riorganizzato Parlamento a diventare luogo di discussioni serene e, soprattutto, attente a un Paese che ha molto bisogno di un’azione politica caratterizzata da uno stile sobrio ed efficace, dalla tensione etica e dal valore morale.Elvio Beraldin - PadovaCaro direttore,accettare la legge Renzi sul Senato è un bel problema per un Paese libero! Niente elezione del Senato equivale, secondo me, a far passare una qualche legge Cirinnà per le “nozze gay” dritta filata e hai voglia di protestare! Anzi, non potrai più farlo. Immaginate un Paese in mano ai Cinquestelle o a certi laicisti dogmatici (loro sì) e intolleranti: e chi li controlla più? Il problema non è la velocità delle leggi, ma la saggezza del legislatore, che oggi (sempre?) è a rischio con una Camera sola.Carlo Terrini - BresciaNel considerare la riforma costituzionale che ieri ha fatto un deciso e decisivo passo avanti a Palazzo Madama, le attenzioni di (quasi) tutti tendono a concentrarsi sul radicale ridimensionamento del ruolo del Senato e sul fortissimo taglio dei suoi membri (da 315 a 100). Ed è logico che sia così, perché la fine anche in Italia – come in praticamente tutta Europa – del bicameralismo perfetto (o paritario) è un evento di non poco conto, comprensibilmente accolto anche con preoccupazioni e interrogativi sul tipo di quelli a cui dà voce con stringata efficacia il signor Terrini. Ma anche – inutile nasconderselo, e la lettera del signor Beraldin ne è un eloquente esempio – con il senso di sollievo e di speranza di un ricominciamento buono della politica che è stato accentuato dall’amarezza e dal disgusto davanti a certi vergognosi spettacoli mandati in scena proprio nell’emiciclo di quella che si era soliti chiamare (per storia e abituale “stile”) la Camera Alta. La rivoluzione nel processo legislativo (con una bella valorizzazione delle leggi d’iniziativa popolare) e nel rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento che Matteo Renzi ha voluto e sta ottenendo (salvo conferma assembleare e referendaria) è una cosa seria, da giudicare seriamente. E io non sono tra coloro che prendono la novità alla leggera, ma neppure tra coloro che non ci dormono la notte. Potremmo metterla così: la Germania che ha una Camera politica (Bundestag) e una Camera dei Laender (Bundesrat) è forse meno democratica dell’Italia attuale? Ci torneremo su. Qui mi sembra piuttosto utile soffermarmi su un altro punto della riforma (che, inoltre, abolisce Cnel e Province, cambia le regole per l’elezione del Capo dello Stato, rivede le competenze di Stato e Regioni…) mai abbastanza sottolineato: i cambiamenti in materia referendaria. Viene introdotto il referendum propositivo e d’indirizzo, anche se ancora non sappiamo come funzionerà (una legge di attuazione dovrà specificarlo), mentre la disciplina del referendum abrogativo viene sensibilmente innovata: per indirlo bisognerà raccogliere almeno 800mila firme a sostegno del quesito proposto, perché sia valido non servirà più il voto della metà più uno degli elettori totali, ma della metà più uno degli elettori che hanno votato alle precedenti elezioni politiche. Pensiamoci, pensiamoci bene. Io continuo a farlo e sono arrivato alla conclusione che questa riforma nel complesso tende a mettere ancor più in punto di reputazione gli elettori: è sempre stato vero che in democrazia chi sceglie di non esercitare i diritti-doveri di cittadinanza (voto incluso) delega di fatto ad altri il proprio spicchio di potere, ma è evidente che se la revisione costituzionale andrà in porto (sommandosi ai meccanismi maggioritari dell’Italicum) questo sarà un po’ più vero. Se continueremo a partecipare sempre di meno, sempre più pochi decideranno per tutti. Con il loro voto politico e anche referendario.
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