Nove ore di coda per un permesso (o una pratica) non sono «civili»
giovedì 24 maggio 2018

Caro direttore,

le prospetto un caso particolare o forse no: una donna extracomunitaria, peruviana, residente in Italia da circa 10 anni, con due figli dei quali uno in età da scuola elementare, ma non sposata e quindi i figli sono scritti con lei. Si è recata qualche giorno fa con i due figli per la conferma del permesso di soggiorno alla Questura di Firenze. La durata dei passaggi per il perfezionamento della “pratica” è incredibile: dalle ore 7.40 fino alle 16.30, quasi nove ore! Ripeto un trattamento davvero incredibile. Ma davvero non si può fare qualcosa per cambiare questo stato di cose?

Luigi Donnini, Firenze


Se le cose stanno così, gentile amico, e io credo a ciò che lei mi scrive, questo stato di cose non solo può, ma deve cambiare. Tutto ciò è mortificante sia per il cittadino straniero che vive e lavora in Italia, sia per l’Italia e gli italiani. In un Paese civile, e l’Italia lo è, a una persona italiana o straniera tenuta ad adempiere a un obbligo o chiamata a perfezionare una qualunque pratica si dà (o meglio si concorda con lui o con lei) un appuntamento-convocazione, e poi lo si rispetta e lo si fa rispettare. E tanto più se questa persona è accompagnata da bambini.

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